"Michele Andreoli" <luogosano_at_gmail.com> wrote in message
news:49136841$0$40314$4fafbaef_at_reader5.news.tin.it...
> Io ho capito perfettamente cosa vuoi dire col tuo esperimento: G' vedrebbe
> entropie S maggiori per t minori, che e' come dire che dS/dt <0, invece
> che il normale dS/dt>0. Io invece dico che il contenuto fisico del Secondo
> Principio (P2) prescinde dal segno di questa derivata.
Infatti chi ha chiare le tesi sulla convenzionalita' della simultaneita' ha
anche chiaro che la dS/dt non ha senso fisico essendo dS un ente misurabile
ma dt un ente convenzionale.
Stesso identico discorso si pone per dx/dt: dx e' misurabile, dt e'
convenzionale. Cioe' la velocita' e' un ente convenzionale.
Ben diverso e' il discorso per la quantita' di moto p=m*dx/dtau per i corpi
dotati di massa (p=qualcos'altro, comunque misurabile, per i corpi non
dotati di massa, cioe' per i corpi, come i fotoni (assunti di massa nulla) e
i tachioni, che non possono essere fermi relativamente ad alcun
riferimento): tanto m, quanto dx quanto dtau sono enti misurabili, il che
rende p ovviamente non convenzionale. Infatti p e' invariante per
trasformazioni di sincronizzazione, come e' ovvio essendo p "deciso dalla
natura", cioe' dalle misure, non dalle nostre convenzioni.
E' proprio per questo che io, oltre a dire che la direzione causa effetto
non si possa "chiedere" al vettore velocita' dei messaggeri (e questo segue
ovviamente dalla convenzionalita' della simultaneita'), ipotizzo che si
debba chiedere alla quantita' di moto del "messaggero" che si propaga dalla
causa verso l'effetto (e, naturalmente, assumendo una posizione realista e
locale, ipotizzo che tale messaggero esista sempre - Enrico sostiene di aver
mostrato in una nostra precedente discussione che la mia proposta e'
insostenibile, io non concordo su tale punto; e' questo il punto che ho
proposto di non riprendere ora essendo le nostre divergenze ben piu'
profonde su questioni piu' basilari di questa). E' per questo che ho
ipotizzato che i tachioni siano dotati di quantita' di moto e ho ipotizzato
possibili esperimenti (necessariamente ideali, almeno per il momento) in
base ai quali si potrebbe misurare tale quantita' di moto.
Tutta questa parte, a partire dalla posizione della domanda "La direzione
causa effetto a chi si dovrebbe chiedere, visto che non possiamo chiederla
al vettore velocita' (ne' al cono di luce)?" e' la parte alla quale, come
dicevo in altro post, provo ad "attaccarmi con i denti", essendo una parte
non presente nei lavori di Eberhard.
Nel presentare questa parte c'e' anche, piu' o meno sottinteso, il fatto che
l'invarianza di Lorentz di cui parla Eberhard (nel lavoro del 1993 definisce
chiaramente cosa intende con le parole "invarianza di Lorentz"), e' ovvio
che cada qualora si mostrasse sperimentalmente l'esistenza di un riferimento
privilegiato (piu' o meno e' ovvio come e' ovvia una tautologia), ma cio'
non costituirebbe alcun problema per la relativita' in quanto cio' che e'
fisicamente rilevante e' la direzione causa-effetto (non il cono di luce) e
tale direzione continuerebbe ad essere perfettamente descrivibile sempre
nella stessa maniera: i quadrivettori (E,p) continuerebbero a misurarsi
sempre nella stessa maniera, a trasformarsi sempre nella stessa maniera, e
la p dei messaggeri continuerebbe sempre a descrivere la direzione causa
effetto (sempre=anche nei casi in cui p e v risultano discordi).
Questo punto, cioe' il fatto che l'esistenza di un riferimento privilegiato
non costituirebbe alcun problema per la relativita', e' quello sul quale
Valter in passato ha sollevato obiezioni. Non mi e' pero' ancora chiarissimo
se la sua obiezione e' solo una questione di scelta, del tipo (1)
"preferisco descrivere assumendo che non esista alcun riferimento
privilegiato, anche se capisco che si possa descrivere in altro modo", o una
questione di sostanza, del tipo (2) "devo descrivere assumendo che non
esista alcun riferimento privilegiato, altrimenti, se non lo facessi, si
avrebbero seri problemi per la relativita' che non saprei proprio come
affrontare". Se ho ben capito, Valter dovrebbe propendere per il (2), ma io
non ho ancora capito quali sarebbero questi eventuali seri problemi che si
avrebbero per la relativita'.
> Enrico: intravedo il problema (e' cioe' che stiamo confondendo la
> descrizione matematica della *cosa*, con la *cosa stessa*) ma non saprei
> come uscire dall'impasse ...
Io direi che tutto il dibattito sulla convenzionalita' della simultaneita'
verta proprio su quanto dici sopra. Fin dai tempi di Reichenbach il problema
e' stato tutto li'. Reichenbach ci dice in sostanza che la "base logica"
della relativita' sta proprio nel prendere coscienza che certi enti che
ritenevamo "cose", in realta' non sono altro che descrizioni matematiche (o
descrizioni convenzionalmente scelte da noi) delle cose.
L'asserto di Reichenbach, una volta accettato, ha conseguenze profondissime.
Ad esempio, quando Enrico ti risponde
"Dopotutto, la descrizione matematica di un fenomeno non e' sempre
semplicemente un accessorio che si puo' buttare via."
tocca un punto nodale. E' un punto sul quale gli anticonvenzionalisti hanno
provato a farsi forza.
E qui non c'e' storia. O Reichenbach ha ragione e, conseguentemente, tanti
enti di uso comune si devono sfrondare della loro aura quasi magica, va
cioe' cercato il loro reale contenuto fisico (oppure va detto che
semplicemente non hanno contenuto fisico), o Reichenbach ha torto e gli enti
suddetti, per quanto vengano originariamente introdotti come semplici
convenzioni, dalle quali facciamo poi derivare le nostre descrizioni
matematiche e le conseguenti previsioni sperimentali, potrebbero comunque
avere rilevanza fisica. E tale rilevanza fisica potremmo anche vederla
proprio nel fatto che le previsioni suddette vengono convalidate
dall'esperienza.
Ma Reichenbach ha ragione. Parafrasando Ohanian potremmo dire che e' ovvio
da tempo, almeno dal 1917, che Reichenbach abbia ragione.
Fra gli enti di uso comune, dall'aura quasi magica, di cui parlavo sopra,
direi che la metrica standard sia uno dei piu' indicativi. La sua aura
magica sta innanzitutto nell'uso che ne fa Minkowski, nel dire che la
relativita' ci farebbe prendere coscienza che spazio e tempo non sono enti
separati ma costituirebbero un ente unico, chiamato spazio-tempo.
In realta' il "contenuto fisico" che sarebbe nella metrica standard e'
semplicemente questo: nella descrizione standard della RR sincronizziamo gli
orologi secondo relazione standard.
Cioe', spedisco da qua un orologio O nel momento in cui il mio orologio
segna tin, e l'orologio arriva nel punto P, che dista dx da me, avendo
misurato un intervallo di tempo dtau dalla partenza all'arrivo; decido di
settare l'orologio fisso nel punto P all'istante tin+SQRT(dtau^2+(dx/c)^2)
nel momento in cui arriva O.
E' tutto qua quello che "e' scritto" nella metrica standard. Orologi e
regoli continuano ad essere strumenti di misura distinti. La
sincronizzazione, e con lei la metrica, continuano ad essere convenzionali.
> ciao,
> Michele
Ciao.
--
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Fri Nov 07 2008 - 23:07:20 CET