Giorgio Pastore ha scritto:
> L' integrazione delle equazioni per i raggi mostra che per avere
> qualcosa di osservabile e confrontabile con i dati sperimentali, il
> raggio deve subire una deviazione dal cammino rettilineo in uno spazio
> estremamente ridotto. Una rappresentazione in scala fa vedere qualcosa
> di molto piu' simile ad una riflessione su uno specchio che alla
> classica traiettoria incurvata dei libri di testo.
Sicuramente una figura in scala sarebbe stata illeggibile.
Però non capisco che cosa intendi con "spazio estremamente ridotto":
in orizzontale o in verticale?
Comunque che c'entra la scala della figura? Nel nostro articolo ci
sono le coordinate dei diversi punti, e si possono trovare i numeri
per casi realistici. Non ho provato a fare conti, ma a naso non mi
sembra che dovrebbero esserci sorprese.
Quanto al "simile a una riflessione", l'importante è l'esistenza di
una caustica, e la conseguente presenza (in certe condizioni) di una
doppia riflessione.
Questo sì, mi pare un fatto di cui non si parla mai.
> Tutto questo e' tuttavia coerente con una delle conclusioni dei
> proceedings e cioe' che il fenomeno e' ondulatorio e non di ottica
> geometrica. Ma questo e' una conseguenza banalmente vera anche per il
> normale modo con cui si presenta l'angolo limite per la riflessione
> totale alla frontiera di separazione tra mezzi con indice di
> rifrazione diverso. Solo che ci si dimentica di far notare che proprio
> in quel risultato e' nascosta la natura ondulatoria dell luce ;-)
Fermo lì :-)
Qui non ti seguo proprio.
Per cominciare, io non mi riferirei al miraggio come una "riflessione
totale", per la semplice ragione che non c'è mai niente di diverso.
E questo succede proprio perché nel miraggio l'ottica ondulatoria *non
c'entra*. (Vorrei proprio vedere come giustificano l'affermazione
contraria quegli autori.)
Mi spiego, e mi dilungo un po', non per te ma per altri lettori,
perché so benissimo che l'ottica è un argomento assai trascurato a
tutti i livelli d'istruzione (secondaria e universitaria.)
Discutendo di ottica geometrica e ondulatoria, e del campo di validità
della prima, si suole citare la diffrazione come esempio contrario. In
altre parole, si può usare l'ottica geoemtrica quando è trascurabile
la diffrazione.
Si dice poi che questa si potrà trascurare se gli oggetti incontrati
dall'onda hanno dimensioni grandi rispetto alla lunghezza d'onda. Il
che è falso: se fosse vero, sarebbe assai difficile fare esperimenti
sulla diffrazione...
La condizione è più complicata, ma qui non occorre approfondire.
Si dimentica invece di ricordare che ci sono fenomeni *macroscopici*
che si spiegano solo con l'ottica ondulatoria e non hanno niente a che
vedere con la diffrazione.
Il più importante per noi è il comportamento della luce su una sup. di
discontinuità tra due mezzi trasparenti: si sa che di regola l'onda
incidente si sdoppia in un'onda trasmessa e una riflessa (salvo quando
la riflessione sia /totale/).
Questo sdoppiamento non ha spiegazione nell'ottica geometrica, e
deriva dal fatto che non solo l'appross. dell'ottica geometrica, ma
perfino l'eq. di Helmholtz, che sta alla base dell'ottica ondulatoria,
non è valida quando le costanti materiali del mezzo (epsilon, mu)
variano apprezzabilmente nello spazio di una lunghezza d'onda.
(Per tutto questo argomento rimando a
http://www sagredo.eu/lezioni/astronomia/p2c09rf.pdf
dove però questo punto è solo accennato.
Perché ho detto che l'eq. di H. non vale?
Basta semplicemente ripercorrere la derivazione dell'eq. delle onde a
partire dalle eq. di Maxwell: si scoprirà che a un certo punto,
calcolando rot e div, si assumono epsilon e mu costanti. Se non lo si
fa, compaiono termini addizionali e l'eq. delle onde non viene fuori.
L'eq. di H. non è che l'eq. delle onde per onde monocromatiche.)
Per quanto ne so, tutte le trattazioni dell'ottica adottano la
seguente strategia:
1) nei mezzi omogenei o /quasi-omogenei/ si usa l'eq. di Helmholtz
2) nelle regioni di brusca transizione fra due mezzi, si fa uso delle
condizioni di continuità per rimpiazzare l'eq. di H., lì non
applicabile.
Un esempio canonico è la deduzione delle formule di Fresnel per i
coeff. di riflessione e trasmissione su una sup. di discontinuità.
Non ho mai visto trattato il caso in cui l'eq. di H. non è applicabile
perché il mezzo non è quasi-omogeneo, ma non si è in presenza di una
vera discontinuità.
Non dubito che in casi specialistici ci si debba occupare di condizioni
del genere; solo che non li conosco.
Ma il nostro problema è: nelle condizioni del miraggio, è lecita
l'appross. dell'ottica geometrica?
La risposta è sì, perché se è varo che l'indice di rifrazione
dell'aria varia da punto a punto, variazioni apprezzabili si hanno solo
su distanze molto maggiori della l. d'onda.
E' per questo che parlare di "riflessione totale" per il miraggio
secondo me è sbagliato.
In quel caso i raggi hanno un percorso curvo, e anche le sup. d'onda
(ortogonali ai raggi) sono incurvate e non parallele.
Ma è perfettamente adeguato, per rendere conto di tutti i fenomeni,
limitarsi all'ottica geometrica.
(Per dissipare un equivoco: si può benissimo parlare di sup. d'onda in
ottica geometrica: sono le sup. di livello dell'iconale
http://www sagredo.eu/lezioni/astronomia/p2c02rf.pdf
L'iconale può essere introdotta sia per via indipendente, in ottica
geoemtrica - con stretta analogia con l'azione della mecc. analitica -
sia partendo dall'ottica ondulatoria, come appross. della /fase/
dell'onda.)
--
Elio Fabri
Received on Tue Sep 11 2018 - 12:13:26 CEST