Re: Variabili nascoste locali [Era: Una teoria per essere vera deve essere falsificabile]

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Wed, 19 Sep 2007 00:21:13 +0200

"Enrico SMARGIASSI" <smargiassi_at_ts.infn.it> wrote in message
news:fco2oj$qlr$1_at_nnrp-beta.newsland.it...
> Bruno Cocciaro wrote:
>
> > Non ha importanza il fatto che quella sincronizzazione venga di fatto
usata
> > o meno. Il punto e' che potremmo utilizzarla senza alcun problema.
>
> Davvero? Considera questa storiella, fortunatamente ipotetica:
[...]
> orari diversi!". B.: "Bruno Cocciaro mi ha assicurato che quella
> sincronizzazione la posso usare senza alcun problema".

Evidentemente non riesco a spiegarmi, ma non saprei proprio cosa dire per
essere piu' chiaro.
Io sostengo che la direzione causa-effetto *non puo'* essere associata agli
istanti letti sugli orologi. Quindi proprio non riesco a capire come, il
Bush della storiella, possa associare a me le sue conclusioni. E' vero
esattamente l'opposto. La sua conclusione avrebbe dovuto essere:
"Enrico Smargiassi mi ha assicurato che, dopo aver sincronizzato in una
maniera convenzionale gli orologi, posso associare alla causa l'istante
minore senza alcun problema".

Certo, tu obietteresti che non ti sei mai sognato di dire che la
sincronizzazione a fusi orari sia "giusta", pero' la questione e' tutta li':
la convenzionalita' della simultaneita' mostra che *infinite*
sincronizzazioni sono "giuste" allo stesso modo, e fra queste ci sono anche
sincronizzazioni che associano alla causa istanti minori di quelli associati
all'effetto.
Con l'occasione ripeto quanto gia' detto in precedente post in quanto li' ho
commesso un errore tipografico (ho chiamato (x,y,z) quanto avevo gia'
chiamato (d,0,0)). Detto correttamente sarebbe cosi':
quando il segnale luminoso, partito dall'origine quando l'orologio fisso
nell'origine segna l'istante tin, arriva al punto (x,y,z) settiamo
l'orologio fisso in (x,y,z) all'istante tin+d/c, dove d=SQRT(x^2+y^2+z^2).
Anderson e al. mostrano che, qualora decidessimo di settare l'orologio fisso
in (x,y,z) all'istante tin+d/c+(Psi(x,y,z)-Psi(0,0,0)) nel momento in cui
arriva il segnale partito dall'origine, non incapperemmo in alcuna
contraddizione (ad esempio, scegliando la Psi in maniera tale che
Psi(0,0,0)=0 e Psi(1m,0,0)=-1s, avremmo che il segnale di luce partito
dall'origine partito all'istante tin arriverebbe al punto (1m,0,0)
all'istante tin-1s+1m/c<tin).
Una qualsiasi legge della fisica che, in sincronizzazione standard,
assumerebbe la forma covariante
A=M*B
con A, M e B tensori di ordine qualsiasi, diventerebbe, qualora scegliessimo
psi(x,y,z)=/=0,
A'=M'*B'.
Le trasformazioni di sincronizzazione che legano A ad A', M a M' e B a B',
dipenderanno ovviamente dalla psi.
Cioe' cambiare sincronizzazione e' come ruotare gli assi.
Detto in altri termini, nessuna legge fisica puo' provare la bonta' di una
sincronizzazione, cosi' come non puo' provare la bonta' della direzione da
associare all'asse z.

> Sul resto del discorso della sincronizzazione vedo che ha gia' risposto
> Valter.

Mah, non posso che pensare che uno di noi due abbia letto l'intervento di
Valter con poca attenzione. Io lo leggo cosi':
Valter riprende tre punti nei quali io provo a riassumere la tua posizione
notando in essa un vizio di circolarita'.
Valter dice: "la situazione e' piu' complicata".
E infatti la situazione e' piu' complicata, pero' lo e' per questioni che
*vanno al di la'* di quanto tu stai affermando (o almeno vanno al di la' dei
3 punti nei quali io provavo a riassumere la tua posizione).
Riguardo al vizio di circolarita' a me pare proprio che Valter ripeta pari
pari la mia critica.
Poi Valter prosegue con "Pero' non e' tutta la storia", ma il seguito della
storia ha a che fare, come dicevo, con tutte altre argomentazioni. Ha a che
fare con il principio di relativita', non con l'ordinamento temporale. Fra
l'altro Valter sa che il seguito della storia lo conosco bene, avendone
discusso piu' volte insieme (questo punto, nel preprint del 2005, lo
presento
in appendice I).
Storicamente, i presunti paradossi causali dovuti ai tachioni che hanno a
che fare con l'ordinamento temporale sono stati presentati, per quanto ne
so, la prima volta da Einstein nel 1907 (ripresi in seguito da Pauli, Von
Laue e con ogni probabilita' molti altri).
Alla luce della convenzionalita' della simultaneita' questi presunti
paradossi non hanno ragione di essere (cioe' non c'e' ragione di ritenere
che una causa associata a tA non possa generare un effetto associato a tB
con tA>tB).
I paradossi causali (anche questi presunti, secondo il mio punto di vista)
che hanno a che fare con il principio di relativita' sono stati presentati
la prima volta da Tolman nel 1913 (ripresi da diversi autori soprattutto in
testi moderni).

La questione e':
ammettere l'esistenza di un riferimento privilegiato per la propagazione dei
tachioni impone la rinuncia al principio di relativita' o no?

Io sostengo di no. Certo che dipende anche a come si enuncia il principio di
relativita'. Dall'ultimo post di Valter ho finalmente capito perche' lui
sostiene di si'. Pero' aspetto eventuali repliche alla mia risposta.

> > (a parte il fatto che la direzione
> > causa-effetto va "chiesta" alla quantita' di moto del "messaggero",
ipotesi
> > di cui parlo nel preprint del 2005 e che non so se sia mai stata mai
fatta
> > da altri)
>
> Non mi stupisce che nessun altro abbia fatto questa proposta, perche' e'
> irta di tali difficolta' che sono quasi certo che non abbia futuro. Il
> problema fondamentale e' che nelle interazioni causali nulla dice che lo
> scambio di qdm abbia verso definito, nello spazio o nel tempo, ed anzi
> puo' tranquillamente essere ZERO.

Beh, quando il "messaggero" ha quantita' di moto nulla, cioe' quando siamo
in un riferimento in cui il messaggero e' fermo, cioe' causa ed effetto
avvengono nello stesso punto, e' ovvio che la quantita' di moto non
definisce alcuna direzione. In quel caso non possiamo chiedere la direzione
causa-effetto alla quantita' di moto, e possiamo (dobbiamo) chiederla
all'orologio fermo nel riferimento nel punto in cui sono avvenuti causa ed
effetto. E' proprio l'esistenza di un orologio fermo in un opportuno
riferimento nel punto in cui avvengono causa ed effetto l'origine fisica del
fatto che, in sincronizzazione standard, l'ordinamento temporale ci da' la
direzione causa effetto. Ma gli orologi, come tutti i corpi rigidi, possono
muoversi solo a velocita' subluminali.
In tutti i riferimenti in cui il messaggero subluminale non e' fermo la
direzione della quantita' di moto del messaggero e' la direzione
causa-effetto. Stessa cosa accade per i segnali luminosi. Io ipotizzo che si
abbia la stessa relazione anche per "messaggeri" superluminali.
Io non vedo le difficolta' di cui parli sopra.
Certamente la definizione proposta da me non soffre del problema di cui
soffre una definizione di direzione causa-effetto legata all'ordinamento
temporale: la definizione proposta da me non e' convenzionale.

> > Enrico, mi avevi chiesto di indicare casi in cui si hanno segnali
> > superluminali.
>
> E non mi hai risposto. Il tuo punto di partenza e' epistemologicamente
> pessimo: gia' e' poco piacevole introdurre ipotesi ad hoc per spiegare
> fatti sperimentali, introdurli per spiegare ipotetiche osservazioni mai
> fatte e' anche peggio.

Beh, qua si tratta di vedere chi e' che sta introducendo ipotesi ad hoc.
A me questa:
"sono possibili eventi correlati in assenza di legame causale"
pare un'ipotesi ad hoc, peraltro inaccettabile.
Ad ogni modo, l'ipotesi di esistenza di un riferimento privilegiato per i
tachioni visti come mediatori dei collassi delle funzioni d'onda (ipotesi
che sopra chiami "mio" punto di partenza, che pero', molto a malincuore,
devo riconoscere che era gia' stata fatta da Eberhard 16 anni prima di me)
serve a spiegare i fatti sperimentali. Tale ipotesi non viene introdotta per
spiegare ipotetiche osservazioni mai fatte. Semplicemente il modello, come
tutti i modelli, fa previsioni e, fra l'altro, prevede che siano possibili
osservazioni mai fatte (a parte il fatto che Faraci nel 1974 ha osservato un
effetto compatibile con il modello e incompatibile con la MQ ortodossa, ma
non possiamo certo dire che una rondine faccia primavera).

> > che una teoria locale, che ammette segnali superluminali, puo'
riprodurre
> > *tutte* le previsioni della MQ ortodossa in "quasi tutte" le situazioni
> > sperimentali.
>
> Di fatto quindi nega la validita' della MQ, nessuna sorpresa che il
> teorema non si applichi. Ma hai aggiunto altre ipotesi ad hoc: velocita'
> dei tachioni molto grande, massa molto piccola. Non e' affatto buon segno.

Massa molto piccola no, parlare di massa per i tachioni (cioe' per enti che
non possono essere fermi rispetto ad alcuna bilancia) e', secondo me,
inopportuno. Si puo' parlare dell'invariante che comunemente chiamiamo m^2
e, ipotizzando che la relazione (p/E)=v sia valida anche per i tachioni (in
sincronizzazione standard) si ha che per un tachione deve essere m^2<0
(cioe' |p|>|E|). Naturalmente questo non impone l'introduzione di alcuna
grandezza immaginaria, semplicemente c'e' un invariante che e' positivo per
tutti gli enti che possono essere fermi rispetto a qualche bilancia ed e'
negativo, o nullo, per gli altri.
Velocita' molto grande si'. Tutti i modelli hanno a che fare con qualche
parametro. Le misure poi determinano i valori dei parametri. Al momento le
misure ci permettono solo di dire che la velocita' dei tachioni, qualora
esistessero nella forma ipotizzata dal modello di cui sto parlando, e'
grande rispetto a quella della luce. Personalmente non trovo la cosa
particolarmente strana. Anche la luce ha velocita' molto piu' grande
rispetto alle velocita' usuali.

> > No, non c'e' nessuna contraddizione. Il concetto di causa che uso io e'
> > quello "vero",
>
> Guarda caso hai dovuto usare una terminologia apposta: "Vera Causa",
> contrapposta alla Causa comunemente intesa. Come dicevo, devi cambiare
> il concetto di causa. Non vedo come si possa sfuggire al sillogismo:

Beh, ho aggiunto il "vera", per distinguerlo dal concetto di causa che tu
chiami "comunemente intesa". In realta', per come la vedo io, il concetto di
causa e' solo uno.

> * la Causa comunemente intesa per definizione precede l'effetto;
>
> * la Vera Causa puo' seguire l'effetto;
>
> * quindi, la Vera Causa e la Causa comunemente intesa non coincidono.
>
> Sono prontissimo a concedere che si tratti di un punto secondario ed
> inessenziale. Ma proprio per questo non capisco perche' ti incaponisci a
> negarlo.

Perche' non e' un punto secondario.
Non e' di secondaria importanza riconoscere cio' che puo' avere e cio' che
non puo' avere rilevanza fisica.
Io mi rifiuto di associare la parola causa ad un ente che *non puo' avere*
rilevanza fisica. Ho riportato un passo tratto dal report di Anderson e al.
allo scopo di mostrare che non sono certo l'unico a rifiutare il concetto di
causa che tu chiami "comunemente intesa".
E non siamo nemmeno in due, o in quattro, visto che quel report porta tre
firme. Tutti quelli che accettano le tesi della convenzionalita' della
simultaneita' non possono essere in disaccordo con Anderson e al. nel
rifiutare il concetto di causa che chiami "comunemente intesa".

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Wed Sep 19 2007 - 00:21:13 CEST

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