Terza puntata, ma comincio con due brevi risposte a WT.
Wakinian Tanka ha scritto:
> Non conoscevo questa definizione. E' una sottoclasse di una
> trasformazione canonica?
Non direi. Se non altro perché le trasf. canoniche appartengono alla
mecc. hamiltoniana.
Il fatto è che di solito questa condizione viene enunciata in modo
oscuro :-( ma è indispensabile.
Tanto per andare un po' sul difficile, prendiamo Arnol'd (Met. mat.
della mecc. clsassica; i riferimenti sono all'ed. italiana, che
pertroppo è fitta di errori tipografici. Qui per es. ce n'è uno serio
nella (1) a pag. 90).
Arnol'd imposta le cose in forma piuttosto astratta: definisce la
lagrangiana (a pag. 85) come una funzione differenziabile TM--> R,
dove TM è il fibrato tangente alla varietà M delle configurazioni del
sistema meccanico.
Dato che parla di varietà (che ha definito prima, §18) è inteso che le
coordinate sono necessarie ma arbitrarie, e che una funzione definita
sulla varietà (o sul fibrato tangente, che è anch'esso una varietà) ha
un valore che dipende dal punto, non dalle particolari coord. adottate.
Quindi l'invarianza in valore è già data.
Quanto all'inv. in forma, Arnol'd la definisce così:
"Sia h : M --> M un'applicazione regolare.
L'appl. h è /ammissibile/ per il sistema lagangiano (L,M) se per ogni
vettore tangente v in TM
L(h_*v) = L(v)."
Semplice, no? :-)
Se ti studi il §18 capisci che questa è proprio l'invar. in forma.
Ti faccio grazia dell'enunciato del t. di Noether...
Noterella storica: il t. di Noether è stato riconosciuto piuttosto
tardi nella sua importanza per la fisica teorica. Per es. il Landau di
certo non lo nomina mai nella Meccanica (anche se usa i casi
particolari di omogeneità e isotropia) e direi neppure nei volumi
sucessivi. Però non garantisco, perché ho solo guardato gli indici
analitici, che in quel trattato sono davvero stitici :-(
> Manca un apostrofo :-)
> m*x" = 0
Grazie. me n'ero accorto, ma contavo che qualcuno avrebbe scovato
l'errore prima che avessi tempo di correggere :-)
Ora vengo al tema centrale, la fisica che sta sotto alla questione del
t. di Noether e sua relazione con omogeneità e isotropia delo spazio,
nonché omogeneità del tempo.
Anche qui la mia posizione è piuttosto personale. Non credo che
troverete la questione trattata in questo modo in altri luoghi.
L'approccio tradizionale è parecchio formale, in questo senso: si
insiste sulle proprietà di trasf. per certi cambiamenti di coordinate.
Per es. invar. per traslazioni implica conserv. della q. di moto, ecc.
Allora è giusto chiedersi "che c'entra lo spazio?", e anche obiettare,
come ha fatto Giorgio Pastore:
> Si' e' spesso fuorviante perché mette l'accento sull'uniche entità
> che non giocano un ruolo diretto nella dinamica in meccanica classica
> o quantistica: lo spazio e il tempo. Invece l'invarianza che si va a
> verificare riguarda funzioni delle coordinate (nel caso generale
> lagrangiana o hamiltoniana del sistema). In pratica il ruolo di base
> lo giocano le interazioni.
Ma io la vedo diversamente.
Il punto di partenza è il /cambiamento di riferimento/ e il corrisp.
/principio di relatività/ (PR: in un senso nuovo, non quello
tradizionale tra rif. inerziali, che ne diventa un caso particolare).
Chi ha letto mie cose sa che io per rif. intendo qualcosa di concreto,
fisico: un laboratorio per essere semplici.
Quindi cambiam. di rif. significa occuparsi della fisica in due diversi
laboratori.
Naturale chiedersi: troveremo la stessa fisica?
La risposta non è scontata, perché può dipendere da che cosa
includiamo nel riferimento (laboratorio): quali oggetti.
Il che è quanto dire come definiamo il sistema fisico del quale
vogliamo occuparci.
Ora cerco di farla corta, e passo a chiarire che cosa debba intendersi
per "omogeneità dello spazio".
Considero due laboratori, che differiscono ta loro solo per una
traslazione spaziale.
Nel sistema in studio includo tutto ciò che sarà rilevante, il che è
quanto dire che il sistema sarà /isolato/.
Vale allora il PR: due esperimenti eseguiti nei due laboratori A e B
danno gli stessi risultati (i taccuini dei due sperimentatori sono
indistinguibili).
Anche se non lo dice in questo modo, Galileo si basa esattamente su
quest'idea quando determina l'altezza dei monti della Luna applicando
alle ombre lassù le stesse leggi dell'ottica geometrica che valgono
sulla Terra.
E lo stesso fa ragionando sulla riflessione e diffusione della luce,
col che arriva a dimostrare che la Luna dev'essere molto più scura
della Terra.
Gli aristotelici non erano d'accordo: la fisica nel mondo celeste per
loro non seguiva le stesse leggi che nel mondo sublunare.
(Ecco perché la prima giornata dei Massimi Sistemi è importantissima,
più di quanto generalmente si dica.)
Un punto essenziale è ora che in A sia anche possibile studiare il
sistema in B.
Le grandezze fisiche dei due sistemi, in A e in B, descritte entrambe
da A, sono connesse da una /legge di trasformazione/, che è contenuta
nella definizione data in partenza dei due rif.
Quindi il PR ci dice che le leggi fisiche sono invarianti per quella
data trasf. di simmetria.
Per es. sono invarianti per traslazioni spaziali.
Ecco che cosa c'entra l'omogeneità dello spazio: dire che lo spazio è
omogeneo significa dire che non ha importanza *dove* (in quale regiooe
dello spazio) eseguiamo l'esperimento.
Tradotto in termini formali, questo diventa l'invarianza in forma della
lagrangiana.
Per non essere chilometrico ho tralasciato una quantità di precisazioni,
anche importanti.
Sono sicuro che qualcuno le scoprirà e potremo precisare :-)
Esercizio: applicare il t. di Noether al PR in senso stretto, ossia
all'equivalenza tra due rif. inerziali in moto relativo.
Quali costanti del moto ne risultano?
a) caso galileiano
b) caso einsteiniano.
--
Elio Fabri
Received on Wed Sep 12 2018 - 17:26:10 CEST