Re: Cosa nella natura e nell'uomo rende possibile la scienza

From: filips <filipsnew_at_gmail.com>
Date: Sun, 1 Jul 2012 07:06:40 -0700 (PDT)

> intendi lo stesso
> significato che aveva ai tempi in cui tale termine implicava il
> determinismo laplaciano?






diciamo che attualmente questo e', *in parte*, il mio punto di vista. Al riguardo devo pero' fare una puntualizzazione. Ora come ora non ho ancora avuto modo di approfondire nei dettagli questa essenziale moderna teoria: sono ancora fermo al discorso 'classico' (e quindi alla visione che ne consegue). Da cio' emerge chiaramente che il "caso" in natura non esiste. Conosco pero', in linea di massima (diciamo ad un livello di divulgazione scientifica media) gli argomenti e concetti della teoria. Ovviamente una tale conoscenza e' gravemente insufficiente per poter formulare analisi e valutazioni che siano tali e non mera opinione. Per questo tra non molto mi auguro di poter affrontare lo studio dell'oggetto in questione nei minimi dettagli con tutto il formalismo che lo sorregge.


Detto questo, posso darti alcuni veloci ragguagli circa il mio (sia pur ingenuo) modo attuale di vedere la questione (ovviamente con beneficio di inventario).




Mi pare di aver capito che la meccanica quantistica, per via di alcuni risultati tipici, sia giunta ad assiomatizzare l'impossibilita' pratica di predeterminare il corso di particolari eventi (quelli a scala atomica). Questo, a chi come me ha studiato un libro di meccanica razionale, deve indubbiamente apparire imbarazzante: come ammettere determinismo per un bicchiere che cade rompendosi e indeterminismo per i suoi elementi costituenti? (So, pur non rendendomi minimamente conto dei passaggi logici che giustificano cio', che questa impasse si "risolve" dicendo che in media i risultati moderni vanno a confluire in quelli classici, cioe' gli stati a probabilita' maggiore...)


 Bisogna intanto intendersi su quale sia l'oggetto a cui ci si sta riferendo. Se con "impossibilita'" ci si riferisce all'umano, mi verrebbe da dire che cio' non preclude che vi sia determinismo in senso lato: l'uomo ha dei limiti (non puo' volare, essere ubiquitario ecc.), punto e basta.


Fermandoci all'indeterminazione (su scala umana) si potrebbe essere indotti a concludere che si', il sogno di un determinismo cosi' come lo si era accarezzato a partire da Newton, si e' volatilizzato, ma cio' non toglie che in *assoluto* il corso degli eventi segua un ordine prestabilito.

Ora se la palingenesi del discorso classico appare, o puo' apparire, come un fatto acquisito, da inesperto mi viene da affermare che non possa dirsi altrettanto rispetto a quanto ho appena evidenziato.








C'e' qualcosa di ulteriore che pero' vorrei dire e, perche' no?, su cui ottenere lumi. Accidentalmente, tempo fa, leggendo di sfuggita qualche post (mi pare proprio in questo ng) avevo notato un'affermazione del tipo: l'indeterminazione non dipende dall'umana ignoranza, ma da quella dell'universo. In seguito, ripensandoci, questa considerazione mi ha profondamente colpito e mi ha fatto riflettere che probabilmente la teoria arriva a stabilire questo principio (che in quanto tale, bisogna notare, non e' una legge) sulla base anche di procedimenti sperimentali che danno indicazioni in tal senso; in altri termini ho avuto come l'impressione che essa arrivi a stabilire questo fatto o concezione del reale a causa dell'*assoluta universale* inesistenza (almeno fino a prova contraria) di mezzi o procedimenti che riescano a falsificare, superandoli, i limiti caratteristici che la teoria in questione palesa. Questo mi ha fatto pensare ad una analogia con un problema che si riscontra in logica simbolica: i famosi te
oremi di incompletezza di Godel.





Ebbene, se le cose stanno cosi', vorrei concludere il discorso sull'indeterminazione osservando che nell'ambito della logica formale, l'affermare ad esempio che non esiste un metodo meccanico o algoritmo per stabilire se un dato enunciato sia o meno un teorema di una certa teoria, non implica di certo che *a priori* un dato teorema sia o meno, in se' e per se', un teorema della teoria. Anzi, credo che chiunque, sulla base del fondamentale paradigma del "terzo escluso", non si azzarderebbe in alcun modo a negare questa evidenza. Quindi anche in tal caso, se l'analogia che ho indicato e' corretta, mi sembra che l'appunto che ho segnato con riferimento al limite umano possa non esaurirsi anche con riferimento ad una 'ignoranza' di fondo o strutturale della realta'.





Si nota anche che uno dei cruciali problemi messi in luce da tale teoria riguarda l'oggettivita' della realta' fisica indipendentemente dalla presenza di osservatori. Il problema credo tuttavia abbia origini precedenti, quantomeno da un punto di vista puramente filosofico. Viene detto che tra i pionieri della meccanica quantistica vi furono al riguardo prese di posizione divergenti. Mi pare peraltro di scorgere che la teoria tiri nella direzione di una non oggettivita' della realta' piuttosto che spingere in senso contrario, il che credo dia non pochi problemi di carattere logico (e psicologico) e se e' vero che cio' che sta nell'intelletto prima deve essere passato attraverso il senso credo che affermazioni tipo:

"L'atomo (...) e' soltanto caratterizzabile con uno schema di formule matematiche" (Jordan),



non appaghino piu' di tanto (se non per gli aspetti formali e predittivi) visto che, come si dice, anche l'occhio vuole la sua parte... (p. es. dove comincia l'atomo? se ha un'estensione avra' pur delle sottoparti e cosi' via; ma qui sto parlando da profano perche' forse questi interrogativi e rapporti risultano perfettamente chiariti all'interno della teoria in questione).








Chiudo questa parte con una domanda forse banale (ma, pensandoci bene, mica poi tanto): cosa si indica quando comunemente si afferma che qualcosa 'accade per caso'? questo, mi sembra essere, in termini un po' folkloristici, il succo del discorso. E' forse concepibile che cio' che la coscienza esperisce (al di la' del discorso di oggettivita' o meno della realta') avvenga senza un principio coercitivo, immaginiamolo pure in senso aristotelico, senza un qualcosa di perfettamente astratto e logico appartenente ad un piano o livello di ordine superiore, quindi inaccessibile, del cio' che e' possibile? questo al di la' ovviamente del discorso di necessita', dei rapporti causa-effetto e delle apparenze o congetture finalistiche che tale principio giocoforza induce a prendere in considerazione (aspetti che si fatica poi a qualificare e anzi non ci si riesce affatto, dato che in ciascun caso si finisce inevitabilmente per venirsi a trovare catapultati in una sorta di vuoto assoluto a priori, privati di ogni rife
rimento). A me non sembra possibile.
 

Per i restanti quesiti sul discorso finalistico mi riservo di dare una risposta in futuro, perche' ho buttato giu' diverse considerazioni e vorrei operare una sintesi(ma non garantisco nulla). Ciao


>
>
> Nel caso tu intenda per "meccanicismo" invece una generica visione dei
> fenomeni della natura in cui si ritiene sempre migliore una lettura
> non teleologica dei fenomeni, p
Received on Sun Jul 01 2012 - 16:06:40 CEST

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