Come preannunciato, apro un altro thread dedicato allo spettroscopio che sto
costruendo. L'idea mi � venuta quando, parlando di collimazione, Elio Fabri
mi spiegato un modo per ottenere uan fasci collimato: un obiettivo forma una
immagine della scena su un diaframma forato, il cui foro � nel piano focale
di un doppieto acromatico o di altro obiettivo: Se il foro � piccolissimo e
giace sull'asse ottoco del collimatore, da questo emerger� un fascio con una
sezione circolare, collimato e parallelo all'asse ottico stesso della lente.
Bene. Io chiedevo ad Elio Fabri: perch� formare prima l'immagine sul
diaframma forato e non mettere solo la sorgente di luce davanti al
diaframma? Risposta: ci vorrebbero disegni, ma se fai cos�, avrai s� un
fascio collimato, ma di sezione della forma del filamento della lampadina.
Ora, io ho abbondantemente sperimentato ed ho capito il perch�. Il foro
funge da f. stenopeico e seleziona (idelamente) un solo raggio di luce da
ogni punto della sorgente. Quello che emerge dal foro � una immagine
rovesciata della lampadina ed � con questa forma (sempre pi� divergente e
grande con la distanza foro-collimatore), che la luce investe il
collimatore. Ed � ancora questa la forma che il fascio collimato assume. Se
si pone un diaframma doipo il collimatore, si vede la lampadina. Solo che,
essendo collimato il fascio, la lampadina ha sempre la stessa forma anche a
distanza (non eccessiva) dal collimatore.
Inoltre, se mi l�imito a mettere una lamapdina davanti al foro, accade che
il "cono" di luce emergente dal diaframma forato e diretto verso il
collimatore, diverge molto meno che se utilizzo - per illuminare il foro -
una immagine focalizzata sul diaframma forato stesso. Il cono cio� si
allarga di meno e, giunto sul collimatore, ne illumina una porzione
paraassiale e basta (lasciando al bui una grosso anello periferico di
superficie della lente collimatrice). Invece, usando un obiettivo tra
diaframma e sorgente, a seconda delle caratteristiche ottiche
dell'obiettivo, della distanza tra qustop e il foro, e tra la sorgente e
questo, dello spessore del diaframma forato (e quindi del foro), ecc, posso
avere coni di luce pi� ampi che illuminano tutto il collimatore.
Il mio spettroscopio ha un reticolo di diffrazione lungo il cammino del
fascio collimato, sul quale i raggi proveninti dal collimatore incidono
normali alla sua superficie (reticolo in trasmissione). La risoluzione di un
siffatto reticolo, per un dato ordine di diffrazione, dipende dal numero di
linee illuminate (e quindi dalla densit� concui sono state incise le linee e
dalla superficie illuminata del reticolo.
Ora, a me pare che ricorrere al metodo del solo foro avanti alla sorgente,
abbia alcuni inconvenienti:
- il cono di luce emergente non ce la fa ad illuminare il collimatore,
quindi,
- pur essendo ampio il collimatore (rispetto al reticolo), solo un fascio
collimato paraassiale emerge dal collimatore e, quindi, solo una piccola
parte della superficie del reticolo viene illuminata (con perdita di
risoluzione, a parit� di altri fattori).
- il fascio collimato ha la forma del filamentop della lampadina, e questo
(chiedo a te) potrebbe incidere sul corretto funzionamento del retciolo,
quantomeno ancora una volta illuminare una porzione di reticolo esigua
conperdita di risuluzione.
- sul piano coniugato della lampadina, a valle del collimatore (e del suo
"secondo" fuoco) si forma una immagine della lampadina che, pur non
raggiungendo il sistema CCD+focalizzatore (che non descrivo in questa sede),
� del tutto indesiderata e si potrebbe evitare col sistema della
focalizzazione della sorgente sul foro.
Tutto quello che ho scritto, � giusto? Poi della fenditura al posto del foro
parler� nel prossimo post.
Grazie
Received on Thu May 25 2006 - 09:10:13 CEST
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