Re: primo principio della termodinamica

From: Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it>
Date: Tue, 21 Feb 2006 20:52:41 +0100

Andrea ha scritto:
> Identifichiamo lo spazio degli stati con |R^n, e consideriamo lo
> spazio delle funzioni da un intervallo I di |R in |R^2, che siano
> derivabili e la cui derivata non si annulla mai, cio� le curve
> regolari.
Come ti ha gia' detto Valter, in generale questa matematizzazione non
e' lecita.
E' pero' vero che se ti restringi a una parte degli stati (un
opportuno aperto) allora la corrispondenza con un aperto di R^n
funziona (e' quella che si chiama un "carta" della varieta').
La struttura del tuo R^n non e' pero' ne' metrica, ne' affine, ne' di
spazio vettoriale: e' solo differenziale.

> Su questo spazio, che chiamer� spazio delle trasformazioni
> quasistatiche, definisco un funzionale che chiamo lavoro, l'integrale
> di p dv o di sigma dA, V dq o altro secondo il problema in esame: fin
> qui ok. Domanda: di che struttura doto lo spazio in questione?
Non direi che sia utile considerare lo spazio delle curve.
I funzionali che incontri in termodinamica (anche questo l'ha gia'
detto Valter) sono sempre integrali di forme differenziali, per cui
non e' opportuno (anzi direi che non e' possibile) dimenticare la
varieta' sottostante, in cui giacciono le curve.

> Testi "leggeri" su cui ci sia quest'impostazione?
Dovro' decidermi a mettere in rete i miei appunti di Fisica I :-)

Questo per la matematica; ora passiamo alla storia.

> Mi sa che non ho capito quello che dici, complice anche la mia
> ignoranza della storia della fisica. Perch� i fisici del periodo di
> Joule dovevano definire il calore prima di poterlo calcolare? Il
> concetto di calorimetro a ghiaccio non penso fosse troppo avanzato per
> il 1840 o gi� di l�.
Il calrimetro a ghiaccio e' stato inventato da Bunsen nel 1870.
La ricerca sulla natura del calore era in corso almeno da un secolo,
con strumenti meno raffinati.
Infatti una delle difficolta' della termodinamica e' stata proprio
quella di avere misure attendibili...

> Mettiamola sotto un altro punto di vista: quando cerco di
> giustificarmi l'introduzione dell'energia interna, ragiono cos�.
> ...
> Ovviamente mi dirai: � facile fare questi ragionamenti col senno di
> poi! E sono d'accordo. Ma allora che senso davano questi al calore,
> come lo misuravano? Se avessero usato il calorimetro, non avrebbero
> dovuto notare che il calore non si conservava?
Premesso che anch'io non sono uno storico, e ho solo un insieme
sconnesso di conoscenze in materia, posso pero' dirti che il processo
e' stato molto lungo.
Evidentemente certi passi che oggi ci sembrano ovvi sono stati molto
difficili da compiere...

Ti do qualche cenno.

C'e' un nome che non e' molto conosciuto: Benjamin Thompson, conte di
Rumford (1753-1814).
Uno strano personaggio, che per lungo tempo presto' servizio presso il
re di Baviera, riorganizzandogli l'esercito, e con particolare
attenzione al regime alimentare dei soldati (incidentalmente, e'
l'inventore della cosiddetta "cucina economica").
A noi oggi, in piena "psicosi aviaria", riesce difficile immaginare
quali fossero le condizioni igieniche dell'alimentazine di solo due
secoli fa nel centro della "civilissima" Europa...

Questo lo condusse naturalmente a fare ricerche sul calore.
Per es. sperimento' sul "calore latente", mostrando che il peso di una
certa quantita' di acqua non cambiava quando diventava ghiaccio.
E per far questo non aveva un frigorifero: semplicemente teneva
l'acqua sulla bilancia mentre la stanza dove stava anche lui andava
sotto zero :-)
Dunque il supposto calorico non aveva peso apprezzabile.

Nel 1798 presento' alla Royal Society una memoria:
"Enquiry Concerning the Source of Heat Which is Excited by Friction".
Che cosa aveva fatto?
Sempre per il re di Baviera, si era messo a fabbricare cannoni.
E si era accorto che se l'alesatore che doveva produrre il foro del
cannone era consumato, sebbene il cavallo che lo faceva girare
continuasse a fare lavoro, non uscivano piu' trucioli di metallo, ma
il cannone continuava a scaldarsi indefinitamente: calore prodotto per
attrito.
Non si poteva dunque suppore che questo calorico venisse spremuto fuori
in quantita' indefinita dal metallo.
Non solo: misuro' il calore specifico del bronzo in massa e quello dei
trucioli, e mostro' che era lo stesso. Dunque non c'era stata nessuna
fuga di calorico dal bronzo truciolato...

Con queste ricerche Rumford inferse un grave colpo al calorico, a
favore del modello cinetico del calore, che gia' esisteva ma non era
accettato.
Per es. la teoria della propagazione del calore messa su da Fourier
(con le serie, l'eq. di propagazione, ecc.) e' un bel pezzo di fisica
matematica; troppo bello per abbandonarlo solo perche' il calorico non
doveva esistere :)

Quindi la questione non fu risolta ancora per molto: solo vicino a
meta' dell'800 si comincia a parlare di "equivalente meccanico del
calore" e a tentarne la misura.
A parte l'idea pionieristica di Mayer, gli esperimenti di Joule
iniziarono nel 1839 e continuarono per decenni.
Joule sperimento' con molte combinazioni diverse di lavoro meccanico
ed elettrico e trovo' valori "abbastanza" costanti per l'equivalente.

La sistemazione teorica che conosciamo della termodinamica non e' nata
prima della meta' del secolo: la dissertazione di Helmholtz "Ueber die
Erhaltung der Kraft" (Sulla conservazione della forza) e' del 1847.
E nota il termine "forza" al posto di "energia".

Pero' alle tue domande non so rispondere: come mettevano d'accordo i
fatti che conoscevano? che idea avevano del calore? ...
-- 
Elio Fabri
Received on Tue Feb 21 2006 - 20:52:41 CET

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