Re: Legge oraria

From: Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it>
Date: Wed, 09 Nov 2005 21:21:17 +0100

Alex_junior ha scritto:
> Ho un punto materiale P che si muove su traiettoria nota S. Voglio
> sapere quanta strada ha percorso su S da t1 a t2.
> ds=v*dt, con v (o v(t)) = vel. istantanea scalare
> Integro i due membri ed ottengo:
> \int_s1^s2 ds = \int_t1^t2 v(t) dt =s2-s1
Cominciamo col dire che dei due integrali che scrivi, entrambi
corretti, solo il secondo risponde alla richiesta.
Infatti se gia' conosci s1 e s2, come e' necessario per il primo
integrale, la risposta e' banale e non servono integrali.

> Due domanda semplici semplici:
>
> 1) Io avrei scritto quanto sopra anche cos�:
> \int_s(t1)^s(t2) ds(t) = \int_t1^t2 v(t) dt =s(t2)-s(t1)
> a sottolineare solo che s � funzione del tempo. Cio� s ed s(t) sono la
> stessa cosa.
Di quello che scrivi l'unica cosa che non va e' il ds(t).
Puoi certamente scrivere s(t1) e s(t2), per indicare le posizioni
assunte agli istanti iniziale e finale.

> Infatti, scrivo indifferentemente anche:
> v(t) = ds/st = ds(t)/dt, che lungo tutto il thread tu non mi hai mai
> corretto.
>
> Perch� adesso mi hai scritto:
>> La seconda e' che dr(t) non significa niente: dr *non e'* una
>> funzione di t!
> ?
Acc... te ne sei accorto :)

> 2) Mi hai scritto anche:
>
>>Improprio per due ragioni. Una l'abbiamo gia' detta: i limiti
>>dell'integrale si debbono riferire a due valori della variabile di
>>cui appare il differenziale.
>
> ed in passato avevi detto:
> --------
>> In formule:
>> \int_t1^t2 dr(t) = r(t2) - r(t1)
> Questa e' giusta, ma non immagini quanto ci si discute sopra...
> A proposito del significato di quel dr.
> ---------
> In questa compare sia dr(t) sia l'incongruenza tra il differenziale ed
> i limiti dell'integrale. In che senso dicevi che � giusta?
Nel senso che ho sbagliato...

Insisto e ripeto: espressioni come ds(t) o dr(t) non vanno.
Tu dici: ma allora dr(t)/dt ?
Qui le cose si complicano, nel senso che nonostante non faccia piacere
ai matematici, anche la matematica non e' proprio una scienza esatta,
almeno nel senso che le notazioni non sono sempre impeccabili, e
risentono di residui storici.

Una notazione come df/dt (Leibniz) sta a indicare la derivata delle
funzione f(t) rispetto a t.
Non c'e' niente di male a esplicitare il fatto che f e' funzione di t,
scrivendo df(t)/dt.

Pero' la scrittura df/dt puo' venir letta come "rapporto tra
infinitesimi" (e cosi' l'intendeva Leibniz).
Oggi gli infinitesimi attuali sono banditi dalla matematica (a meno di
non salire all'analisi non-standard, ma lasciamo perdere...) e quindi
df/dt va letta solo come un simbolo unico per indicare la derivata.

Invece il dt, ds, dr che figura nell'integrale ha un altro ruolo, ed
e' anche parecchio discusso, ossia i matematici non sono tutti
d'accordo.

I piu' rigidi dicono che sta solo a indicare la variabile su cui si
integra, ma non ha alcun altro significato o funzione.
Storicamente, sai benissimo che e' il ricordo del fatto che
l'integrale e' il limite di una somma.
E poi c'e' un'interpretazione piu' sofisticata, che in certi contesti
diventa necessaria: quella di forma differenziale.

Ma queste non sono cose per te: sei troppo piccolo ;-)
Te l'ho citata (come l'analisi non-standard) solo per mostrarti che
anche la matematica va capita per gradi, e che si puo' tornare su cose
gia' note reinterpretandole in modo piu' complesso e profondo.
                                      

-- 
Elio Fabri
Received on Wed Nov 09 2005 - 21:21:17 CET

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