Il giorno giovedì 5 marzo 2020 16:15:03 UTC+1, S. ha scritto:
> Che il principio di relatività abbia poi come logica conseguenza l'assenza di luoghi (sistemi di riferimento) privilegiati, ci è oggi evidente.
> Non sono convinto però che Galilei avesse questa consapevolezza.
Koyré è (stato) uno dei più profondi conoscitori di Galileo.
Fondamentale l'opera "Studi galileiani" (*).
Se lo dice, tendenzialmente è opportuno fidarsi.
Non dimentichiamo che Galileo è stato allievo di Bonamico, uno fervente divulgatore della teoria dell'impetus, che prevedeva l'autonomia del moto dalla presenza degli aristotelici "luoghi naturali".
L'unico peccato che viene imputato a Koyré è quello di aver forse un po' forzato la figura di Galileo entro un quadro neoplatonico.
Il discorso sul linguaggio della natura si rifà comunque alla presenza di una "realtà ideale" che sta dietro quella osservata, per cui, per me, ci sta.
> A me sembra che Galilei utilizzi l'argomento della validità del principio di relatività solo per dimostrare che, stando sulla Terra (evidentemente da lui considerata come riferimento inerziale - cosa che entro certi limiti è effettivamente accettabile), non possiamo renderci conto del suo moto, ma che in fondo in fondo essa è assolutamente in moto, mentre il Sole sarebbe assolutamente in quiete.
Non mi consta.
Nel "Dialogo" definisce la gravità come "la naturale inclinazione della parte di tutti i globi mondani d'andare a lor centro".
Galileo è lo studioso della "caduta" che considera "naturale" per tutti i corpi; poiché gli interessa la caduta, si metterà nel sistema di riferimento in cui è più immediato studiarla.
E' vero, come dici tu, che tende a collocare il "centro dell'universo" sul Sole, ma aggiungendo: "se si può assegnare centro alcuno".
L' "essenza" della gravità non è spiegata, è solo un nome che viene assegnato a ciò che accade in natura. Così il moto dei pianeti può essere considerato inizialmente rettilineo e accelerato, ma poi, raggiungerà una certa velocità "la quale egli poi debba conservar perpetuamente uniforme" convertendo l suo moto in circolare uniforme (Dialogo, giornata prima).
Perché Galileo non volle ammettere l'infinità dello spazio? Per Koyré non è impossibile che ciò avvenisse per paura (v. la fine di Bruno).
Tutto in Galilei porta ad uno spazio geometrico, isotropo, senza "centri" o riferimenti privilegiati, di cui non c'è bisogno, perché il moto è proprietà di ogni singolo corpo. Non fu però esplicito. Fu però implicito.
FP
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(*) Alessando Koyré, Studi galileiani, Einaudi 1976
Molti articoli in francese sono reperibili su https://www.persee.fr/authority/29959
Received on Thu Mar 05 2020 - 19:11:12 CET