Un vecchio sassolino nella scarpa.

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Tue, 11 Nov 2003 00:10:20 +0100

E' da divresi anni ormai che ci rimugino, i dettagli del problema
me li sono anche in parte dimenticati (cioe' i vari passaggi matematici non
credo che sarei in grado di ricostruirli senza rimettermi per benino a
rivedermeli con calma), pero' la sostanza mi e' ancora ben chiara.
Faccio riferimento a Landau "Teoria dei campi" pag 105 della versione
italiana (Editori riuniti) anche se immagino che la questione appaia pari
pari in altri testi.
Si tratta di ricavare la seconda coppia delle equazioni di Maxwell (quelle
in cui compaiono la densita' di carica e la densita' corrente) equazioni che
Landau ottiene annullando la variazione della azione al variare dei
potenziali del campo per data distribuzione di carica e di correnti (a sua
volta la azione era stata costruita da 3 addendi: l'azione delle particelle
libere, l'azione dovuta alla interazione campo-particelle e l'azione
dipendente esclusivamente dalle proprieta' del campo).
Secondo una procedura usuale Landau mostra che la variazione della azione e'
data da un integrale su un ipervolume (che si intende "grande", per
questioni legate alla integrazione per parti, come vedremo in seguito, e
proprio qua sta il sassolino nella scarpa) il quale si mostra essere uguale
ad un altro integrale esteso sullo stesso ipervolume + un integrale esteso
sulla ipersuperficie frontiera dell'ipervolume. Come usualmente si fa in
questi casi, proprio perche' l'ipervolume e' "grande", sulla ipersuperficie
che ne fa da frontiera i campi si considerano nulli (all'infinito i campi si
annullano) ne segue che il secondo integrale si considera nullo.
Queste sono le parole che usa Landau (l'integrale a cui fa riferimento e' il
seguente: integrale esteso all'ipersuperficie di (Tensore elettromagnetico *
variazione del vettore potenziale) dS, dove dS e' l'elemento
dell'ipersupeficie):
"L'integrale del secondo termine va preso agli estremi di integrazione. Gli
estremi di integrazione rispetto alle coordinate [nota mia: Landau intende
qua le coordinate spaziali, se ben capisco] sono all'infinito dove il campo
si annulla. Agli estremi d'integrazione temporali, cioe' negli istanti dati
iniziale e finale, la variazione dei potenziali e' nulla perche', in virtu'
del principio di minima azione, i potenziali sono in quegli istanti fissati.
Il secondo termine della (30.1) [nota mia: secondo termine della (30.1) =
l'integrale suddetto] e' quindi nullo e troviamo ...."

Cioe', sempre se ben capisco, immaginiamo una sfera molto grande,
l'ipersuperficie di integrazione e' data dalla sfera (cioe' da tutto il
volume contenuto nella sfera) all'istante iniziale, poi dalla sfera
all'istante finale, e poi dalla superficie sferica (cioe' la superficie che
fa da frontiera alla sfera) con l'istante t che varia dall'istante iniziale
all'istante finale. Landau dice, poiche'
1) la variazione del vettore potenziale e' nulla su tutto il volume della
sfera all'istante iniziale e anche all'istante finale (in virtu' del
principio di minima azione) allora su questi 2 "pezzi" della ipersuperficie
l'integrale suddetto si annulla essendo identicamente nulla la funzione
integranda;
2) poiche' il tensore elettromagnetico si annulla all'infinito (in ogni
istante, cioe' in ogni istante potremo prendere r sufficientemente grande da
poter rendere il campo sufficientemente piccolo) allora sulla superficie
della sfera, posto che si prenda r sufficientemente grande, la funzione
integranda si annullera' in ogni istante e l'integrale suddetto si annulla
quindi anche su questo terzo "pezzo" della ipersuperficie.

Veniamo al sassolino nella scarpa.
Il punto 2) mi pare errato, o meglio, diciamo che il punto 2) necessiterebbe
di verifica, cioe', data una certa distribuzione di cariche in movimento
allora potremo certamente supporre che, all'istante iniziale, all'esterno di
una sfera sufficientemente grande i campi saranno minori di un qualsiasi
valore a piacere, potremo cioe' prendere r sufficientemente grande da
rendere l'integrale in questione piccolo a piacere all'istante iniziale,
pero', a questo punto, mantenendo fissato r, dovremmo continuare ad
integrare sulla superficie sferica al variare dell'istante dall'iniziale
fino all'�istante finale, e, proprio le equazioni di Maxwell (che stiamo
ricavando) ci diranno che, in presenza di cariche in moto accelerato, si
genereranno onde elettromagnetiche le quali "porteranno" il campo, prima o
poi, all'esterno di una qualsiasi sfera.
Cioe', o r e' talmente grande e tfin talmente prossimo a tin che
nell'intervallo di tempo fra tin e tfin il campo elettromagnetico non "fa in
tempo" ad uscire dalla sfera, oppure, se vogliamo che i nostri risultati
siano validi fino ad un tfin a piacere (cioe' se vogliamo che le equazioni
che stiamo ottenendo siano valide sempre, non che esse, data una
distribuzione di carica iniziale, siano valide solamente per un certo
intervallo di tempo, superato il quale "scade" la loro validita') allora
dobbiamo prendere r proprio infinito, ma cosa significa questa ultima cosa?
A me pare che significhi che siamo costretti a considerare nella nostra
azione tutte le cariche di tutto l'universo; se volessimo limitarci ad una
qualsiasi sfera finita, per quanto grande, allora si porrebbe la questione
esposta sopra, cioe' non potremmo considerare nullo l'integrale in questione
(almeno non potremmo considerarlo nullo per ogni istante).

A me pare che una soluzione ragionevole possa essere la seguente:
l'integrale in questione descrive l'interazione fra il nostro sistema
(l'insieme delle cariche considerate e il campo all'interno della sfera
considerata) e l'esterno. E tale interazione non puo' mai essere considerata
nulla a meno di non dire che sulla frontiera della nostra sfera c'e' uno
specchio che rimanda dentro tutte le onde elettromagnetiche che lo
investono, ma i sistemi reali non sono cosi', non sono isolati da specchi.
Non solo, mi pare che, come sempre si fa in questi problemi, l'interazione
con l'esterno deve essere data, cioe' si deve supporre che l'esterno
funzioni in un "dato" modo. Posta la sfera finita all'interno della quale
consideriamo il nostro sistema e posto il "dato" esterno in interazione con
il nostro sistema, dovremo trovare la soluzione cioe' le equazioni di
evoluzione dei campi e le equazioni del moto delle particelle che in quei
campi si muovono.
Cioe', se il nostro sistema e' immerso in un esterno che gli butta dentro
una certa energia nell'unita' di tempo, allora mi pare che il sistema
stesso, in condizioni stazionarie, debba evolvere in maniera tale da
ributtare verso l'esterno la stessa quantita di energia che da esso riceve,
o anche se l'esterno funzionasse in maniera tale da non buttare niente
dentro al nostro sistema ma anche da non assorbire niente da esso (cioe' se
funzionasse come uno specchio) ugualmente il nostro sistema sarebbe
"costretto" dalla condizione al bordo a "cercare" una soluzione stazionaria.
Certo, le equazioni di Maxwell ci dicono che un qualsiasi sitema di cariche
in moto (accelerato) evolvera' in maniera tale da irraggiare energia verso
l'esterno, quindi non riuscira' mai a trovare una condizione stazionaria,
pero' questo mi pare inevitabile se nel ricavare le equazioni di Maxwell
trascuriamo proprio il termine che descrive la interazione fra il nostro
sistema e l'esterno.
Trovare una soluzione non credo sia una cosa semplice, o anche solo provare
che deve esistere (almeno una) soluzione stazionaria per un dato sistema (ad
esempio una carica fissa nell'origine e un'altra carica che gli "gira"
intorno) immerso in un dato esterno che in un qualche modo gli "butta
dentro" una data energia nell'unita' di tempo (oppure non gli butta dentro
niente ma allo stesso tempo non assorbe niente dal sistema), pero' mi pare
anche che sia errato dire che classicamente una soluzione del genere sia
vietata in quanto le equazioni di Maxwell prevedono irraggiamento per le
cariche accelerate.
Ripeto, mi pare che nel costruire le equazioni di Maxwell si trascurino
proprio le interazioni con l'esterno le quali ragionevolmente potrebbero
essere il "motivo" per il quale i sistemi "cercano" una soluzione
stazionaria.

Ringrazio fin da ora chiuque volesse postare un commento.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Tue Nov 11 2003 - 00:10:20 CET

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