Nell'articolo <3FB0AAAD.1070301_at_hotmail.com>
Valter Moretti ha scritto:
>>> Io non sono "profondamente convinto", ma credo che sia possibile che
>>> sia cosi'.
>> E' sicuramente cos� :-)
>>
>> Le prove sono l� a disposizione di tutti, solo che molti non vogliono
>> <<guardare nel cannocchiale>>. E' un vecchio vizio di coloro che sono
>> metafisici aristotelici senza esserne consapevoli.
> Puoi esibirmi queste prove schiaccianti a disposizione di tutti?
Innanzi tutto vorrei scusarmi, perch� rileggendo quella mia frase nella tua
"citazione" mi sono accorto di essere stato molto (troppo) arrogante,
soprattutto se si tiene conto del tuo atteggiamento di "apertura", che
arrogante non lo era affatto.
Se mi permetti di restare per un poco nell'ambito delle considerazioni
"psicologiche" e "personali" vorrei tuttavia avanzare come possibile
attenuante alcuni malintesi che si producono spesso nel dialogo fra le
diverse "culture".
Io penso che per far progredire la fisica occorrano prima di tutto delle
"menti fresche" (non � solo una questione anagrafica - ma spesso s�),
in grado di sviluppare "potenza algoritmica", capaci -insomma- di trovare le
"equazioni giuste". Una volta che si disponga delle equazioni di
Schroedinger e di Dirac la met� della MQ � fatta, e poi i "filosofi" (o gli
aspiranti tali) stiano pure l� a discutere quanto vogliono sul "significato"
di quelle equazioni, ch� intanto ce le abbiamo e le sappiamo usare.
Vero, verissimo. Tuttavia sappiamo anche che spesso proprio chi � stato
capace di trovare le "equazioni giuste" dimostra una capacit� di "pulizia
concettuale" stranamente limitata, come se il fatto di essere troppo
"consapevoli" fosse di intralcio alla creativit�. Pensa ad esempio alla
"confusione" (� un eufemismo) che si trova nei testi di Schroedinger quando
cerca di spiegare l'equazione di... Schroedinger! E quelle strane "allegorie
meccaniche" che Maxwell ha usato per ricavare le equazioni di... Maxwell? E
il fatto che Lorentz non abbia mai capito le trasformazioni di... Lorentz?
Come dicevo sembra quasi che la "consapevolezza" sia di intralcio alla
"creativit�". L'unico fisico -fra tutti quelli che ho letto- che ha sempre
mostrato una enorme creativit� unita alla massima consapevolezza concettuale
� Poincar�, ma come lui ce ne sonoi pochi, e poi non sempre -secondo me- �
sufficientemente apprezzato.
D'altra parte questo si riscontra un po' in tutte le attivit� umane. Di
solito il "critico d'arte" non � creativo, e coloro che hanno portato delle
grandi innovazioni nelle arti spesso non avevano una formazione accademica
"rigorosa".
Questo pu� spingere alcuni scienziati ad assumere un atteggiamento di questo
tipo: <<L'importante � trovare le equauzioni giuste e saperle usare bene, e
coloro che si metto a "filosofeggiare" sul "significato" di quelle
equazioni sono come quei critici d'arte un po' frustrati, che non sapendo
produrre nulla se ne stanno l� a pretendere di spiegare all'autore qual � il
senso della sua opera!>> (C'� un bellissimo raccontino di Asimov in cui uno
scienziato inventa una macchina del tempo, trasferisce Shakespeare ai tempi
nostri, lo fa iscrivere ad un corso di letteratura inglese tenuto da un
insegnante piuttosto ottuso ed arrogante e alla fine questo lo boccia!)
Lo vedo anche nel mio settore (io mi guadagno la pagnotta occupandomi di
amministrazione aziendale e marketing), in cui coloro che escono da fior di
universit� dove si studiano tutti i risvolti spicologici del marketing
spesso non hanno nemmeno la minima parte dell'"intuito di mercato" che hanno
certi vecchi imprenditori, quelli che "si sono fatti dal nulla", e che a
volte sono talmente "involuti" da non riuscire nemmeno a mettere insieme una
sintassi decente.
Insomma, tanto di cappello a chi sa produrre le equazioni "giuste" e a chi
dimostra creativit� scientifica, tuttavia occorre anche avere la massima
cautela nell'adottare gli schemi concettuali di coloro che hanno prodotto
tutta quella "potenza algoritmica".
E allora ben venga Newton, purch� poi non si tratti Mach come una sorta di
"onanista mentale" (altro eufemismo), poich� altrimenti la grandezza di
Newton potrebbe soffocare qualche novello Einstein che per produrre a sua
volta della "potenza algoritmica" avr� bisogno di riflettere "alla Mach" su
certi problemi. E anche con Einstein la storia non sar� finita, perch� anche
il "paradigma pan-geometrico" potr� a sua volta diventare una "gabbia
concettuale".
Tutto questa noiosa premessa perch� quando affermo che il "collasso della
funzione d'onda" o il "dualismo onda-corpuscolo" sono delle "fesserie", o
quando sostengo che non ha senso definire "stato" una "colezione massima di
informazione" vorrei che oltre alla mia (antipatica) arroganza (di cui mi
scuso ancora) emergesse anche la necessit� di liberarsi da qualunque
"sudditanza concettuale" nei confronti di chicchessia.
Tu stesso, da qualche altra parte, affermavi che nella costruzione dei
nostri modelli mentali noi dobbiamo lasciarci "guidare dai fenomeni", da
quello che ci mostra la natura.
Ebbene, non meniamo il can per l'aia: i fenomeni ci mostrano che per un
quanto si pu� definire una posizione spaziale? Suvvia.
Sono d'accordo che non dobbiamo farci vincolare da nessun "modello
preconcetto", ma � proprio in nome di questo che io chiedo di non violentare
la logica in nome di qualche altro modello preconcetto.
Supponiamo che io ti chieda: <<Si pu� definire la temperatura di una singola
molecola?>>
Tu o mi rispondi <<s�>>, o mi rispondi <<no>>, o mi rispondi che non lo sai
o mi rispondi che la mia domanda non ha alcun senso (e mi spieghi perch�).
Ma non puoi rispondermi che la molecola ha "tante temperature" oppure che ne
ha una ma � "indeterminata". Il punto � che la temperatura di una molecola
non � n� "multipla" n� "indeterminata", ma � in-definita, nel senso che non
� definita, ovvero -semplicemente- la risposta alla mia domanda � <<No, non
possiamo definire una temperatura per una singola molecola>>. Se invece
cerchi di dirmi che ne ha "molte" o ne ha una che � "indeterminata" sei tu
che non ti fai "guidare dai fenomeni" nella costruzione dei tuoi modelli
concettuali, e ti arrampichi sugli specchi per poter conservare i tuoi
modelli preconcetti.
E veniamo ai nostri "quanti".
Tu vuoi che io ti mostri l'"evidenza" del fatto che un quanto *non* ha una
posizione spazio-temporale, non ce l'ha *mai*, come la molecola non ha *mai*
una temperatura.
Il problema � che l'e-videnza � e-vidente solo per chi la vuole...
vedere :-)
Per questo parlavo di chi <<non vuol guardare nel cannocchiale>>. Se io ti
chiedo di guardare nel cannocchiale, tu potresti anche farlo, per poi dirmi
che non � affatot e-vidente che quell'aggeggio l�, che io chiamo
"cannocchiale", mi mostri qualcosa che sia la "realt�". Io ti direi che
quell'affare l� non fa altro che ingrandire l'immagine degli oggetti, e
cercherei di dimostrartelo parlandoti delle "leggi dell'ottica", ma tu
potresti dire che 'ste "leggi dell'ottica" sono solo fantasie mie, e che
quell'aggeggio non fa altro che "mostrare sogni e fantasie".
Lo dico perch� alla seguente domanda:
<<Si pu� associare una posizione spazio-temporale ad un quanto?>>
la risposta � "e-videntemente" <<No>>, dopodich� per� questa e-videnza non �
affatto e-vidente, perch� uno pu� sempre inventarsi che le "interferenze"
sono prodotte dalle "onde pilota", o tirar fuori "molti mondi", o non so
quale altra infinit� di ipotesi nel pi� totale disprezzo del <<rasoio di
Ockham>>.
E c'� poi un'altra considerazione da fare: chi si esprime per ossimori
riuscir� sempre a dimostrarti tutto ed il contrario di tutto - come era gi�
ben noto ai logici medievali.
Considera ad esempio una espressione come <<le probabilit� si sommano in
ampiezza>>.
Ecco, io dico che � un ossimoro, e che � "evidentemente" un ossimoro.
Vogliamo provare a ragionarci assieme?
Dunque, io mi sentirei di dire che una grandezza fisica -affinch� abbia un
senso fisico- deve essere definibile *operativamente* o derivabile da
grandezze definibili operativamente. Ci sono tomi ponderosi che criticano
tenacemente questo punto di vista, ma sono per lo pi� prodotti da quel che
rimane dell'antica metafisica nella cultura "continentale". Spererei di
ottenere -su questo punto- la solidariet� di ogni fisico, ma non si sa mai.
E cos� come per poter capire qualcosa di relativit� bisogna aver sempre
presente davanti agli occhi la definizione operativa di simultaneit�
(altrimenti ci si infila in ogni sorta di paradosso e assurdit�) allo stesso
modo quando si nomina la "probabilit�" occorre sempre avere davanti agli
occhi la definizione operativa di probabilit�, senn� ci si ritrova a dover
parlare -con dei fisici!- di "probabilit� intrinseche", o "fenomeni
intrinsecamente probabilistici", peggio che se ci si trovasse a parlare di
idee con il vecchio Platone.
Dunque, la "probabilit�" di un evento non � altro che il limite della
frequenza relativa di un certo evento, sicch� per parlare della
"probabilit�" devo essere in condizioni di poter *contare*. Anche questo mi
pare "evidente".
Supponiamo ora di fare un esperimento con solo il foro N. 1 aperto, e
*contiamo* il numero N[1](x) di elettroni che arrivano in un certo intorno
del punto x del rivelatore. Facciamo poi lo stesso esperimento tenendo
aperto solo il foro N. 2, e *contiamo* il numero N[2](x) di elettroni che
arrivano nello stesso intorno di x.
Osserviamo anche empiricamente che il rapporto fra N[...](x) ed il numero
totale di elettroni ha un andamento asintotico, sicch� il mio esperimento si
mostra compatibile con l'ipotesi che esiste il limite di quel rapporto e mi
fornisce anche una stima per quel limite. Ecco, � qui che -se voglio- posso
passare dai conteggi alle probabilit�. Oppure continuo a parlare di
conteggi, onde non correre il rischio di perdere di vista la famosa
definizione operativa.
Bene, adesso faccio altri due esperimenti: uno con tutti e due i fori aperti
ma *senza* un dispositivo che mi consenta di stabilire in quale foro �
passato l'elettrone -indicher� con [12] questo esperimento- e l'altro con
ancora tutti e due i fori aperti ma stavolta *con* un dispositivo che mi
consenta di stabilire in che foro � passato l'elettrone -indicher� con [1-2]
questo quarto esperimento.
Cosa possiamo *contare* in questi due ultimi esperimenti?
Possiamo contare ancora il numero di elettroni che arrivano in quell'intorno
di x scelto all'inizio, e indicheremo con N[12](x) e N[1-2](x) questi
conteggi.
Possiamo anche contare, degli N[1-2](x) elettroni, quanti ne sono passati
nel foro N. 1 e quanti nel foro N. 2. Indicheremo con N[1-2](1|x) e con
N[1-2](2|x) questi conteggi.
*Ma* *non* possiamo contare -per definizione!- il numero di elettroni che
sono passati nel foro N. 1 e nel foro N. 2 nell'esperimento [12]. Anzi, per
quel che ne sappiamo fino a qui non ha nemmeno senso parlare di "elettroni
che sono passati nel foro N. 1 e nel foro N. 2" (sempre se ci si attiene a
ci� che � definibile operativamente).
Adesso possiamo fare qualche altra osservazione.
Innanzi tutto nell'esperimento [1-2] non pu� che sussistere la seguente
relazione:
N[1-2](1|x) + N[1-2](2|x) = N[1-2](x)
E questo � *necessario* che sia cos�: ho preso un insieme di "puntini", l'ho
suddiviso in due sottoinsiemi e quindi � ovvio che la somma dei puntini dei
due sottoinsiemi sia pari al numero complessivo di puntini!
Ovvero: *le probabilit� si sommano*, per stessa ragione per cui -direbbe
Russell- ci sono dodici pollici in un piede. E su questo non si discute.
Facciamo anche un'altra importante scoperta, ovvero che
N[1](x) = N[1-2](1|x)
N[2](x) = N[1-2](2|x)
Questa � una osservazione empirica, sperimentale. Nessuno ci assicura che
debba essere cos�. Eppure troviamo che le cose stanno cos�, il che ci
potrebbe far pensare (ma stiamo gi� costruendo un modello ipotetico) che gli
elettroni che passano nel foro N. 1 nel corso dell'esperimento [1-2] si
comportano come gli elettroni che passano nell'unico foro disponibile nel
corso dell'esperimento [1]. E questo a sua volta potrebbe farci pensare che
gli elettroni che passano nel foro N. 1 in nessun caso risentono del fatto
che l'altro foro sia aperto o chiuso. Tutto ci� � compatibile con la nostra
eventuale idea pre-concetta che le interazioni debbano essere "locali", ma
non c'� nessuna necessit� che le cose stiano in questo modo: dobbiamo solo
osservare i fenomeni.
Andiamo ora a prendere l'esperimento [12].
Innanzi tutto ricordiamo che N[12](1|x) e N[12](2|x) *non* sono grandezze
*definite*, sono numeri in-definiti. Ne viene che la relazione
N[12](1|x) + N[12](2|x) = N[12](x)
non � n� vera n� falsa, ma � *indefinita*. In essa compaiono delle grandezze
che non sono definite. Stop.
Quindi affermare che *in questo esperimento* le probabilit� si sommano, o
dire che le probabilit� non si sommano, o dire che "si sommano in ampiezza",
o che si sommano col triplo salto carpiato, o quel che � sono tutte
espressioni prive di senso fisico.
C'� qualcosa che possiamo fare che abbia un *senso fisico*?
S�, possiamo prendere i "conteggi parziali" ottenuti negli *altri*
esperimenti, ed osservare che
N[1](x) + N[2](x) <> N[12](x)
A questo punto possiamo metterci a fare un po' di conti e facciamo una
scoperta interessante, ovvero che ad ognuno dei due esperimenti [1] o [2]
possiamo associare un certo angolo a[1] e a[2] tale che
N[12](x) = N[1](x) + N[2](x) +
+ 2 Rad( N[1](x) ) Rad( N[2](x) ) cos ( a[1] - a[2] )
Bene, benissimo! Abbiamo trovato il modo di ricavare il conteggio ottenuto
nell'esperimento [12] dai conteggi ottenuti negli esperimenti [1] e [2]!
Non solo, ma i conteggi ottenunti negli esperimenti [1] e [2] a loro volta
sono uguali ai conteggi parziali ottenuti nell'esperimento [1-2], quindi
vale anche la seguente:
N[12](x) = N[1-2](1|x) + N[1-2](2|x) +
+ 2 Rad( N[1-2](1|x) ) Rad(N[1-2](2|x) ) cos ( a[1] - a[2] )
Tutto bene. Adesso possiamo anche decidere di semplificare un po' le formule
introducendo dei numeri complessi, ma il senso fisico di tutto ci� resta lo
stesso: abbiamo una relazione che lega dei conteggi ottenuti in un
esperimento con i conteggi (parziali) ottenuti in *altri* esperimenti, che
sono diversi dal primo! Quindi qualunque sia l'equazione che otteniamo, essa
non potr� mai negare che in un certo esperimento "le probabilit� si
sommano". Al massimo questa affermazione potr� restare *indecidibile*, ma
non potr� *mai* essere *negata*, poich� essa � -in un certo senso-
"tautologica", e noi non possiamo violentare la logica solo per fornire
delle buone metafore ai fisici.
Ci sono anche altre espressioni che possono reintrodurre dalla finestra i
paradossi che io sto cercando di far uscire dalla porta. Ad esempio si dice
che gli angoli a[1]e a[2] sono le "fasi" associate alle due "traiettorie
possibili", quella che passa per il punto 1 e quella che passa per
il punto 2.
Ecco, dicendo cos� sembra quasi che si possa parlare di "traiettorie" anche
nell'esperimento [12] e che in quello stesso esperimento "le probabilit�
delle due traiettorie possibili si sommino in ampiezza". Giammai.
Nell'esperimento [12] le traiettorie non sono osservabili, ergo noi non
sappiamo n� contare gli elettroni che sono passati nei due fori n� sappiamo
che senso abbia parlare di elettroni che sono passati in uno o nell'altro
dei due fori. Quindi quelle due "fasi" che associamo alle "traiettorie" sono
semplicemente delle grandezze che ci consentono di correlare fra di loro
granadezze otenute in *esperimenti diversi*.
Se pensare alla MQ come una fisica che ci consente (solo) di "correlare
conteggi di esperimenti diversi" ci richiede uno sforzo concettuale
eccessivo potremmo cercare di "barare" un po', e cercare con qualche "trucco
logico" di restare all'interno dell'esperimento [12] facendo un discorso di
questo genere:
<<*Se* nell'esperimento [12] valesse la MC allora in questo caso ci
sarebbero solo due traiettorie possibili, sarebbero definibili le quantit�
N[12](1|x) e N[12](2|x) e varrebbero le relazioni:
N[12](1|x) = N[1-2](1|x) = N[1](x)
N[12](2|x) = N[1-2](2|x) = N[2](x)
N[12](x) = N[12](1|x) + N[12](2|x)
*Ma* la MC non � valida, e so che per ottenere i risultati "giusti" anzich�
sommare le "probabilit�" nel modo consueto le devo invece "sommare in
ampiezza". So che questo � un procedimento assurdo, ma � un modo per
"correggere l'errore" che compio parlando di "traiettorie possibili"
nell'esperimento [12], e considerandole mutuamente esclusive e
complessivamente esaustive.>>
Ecco, se voglio applicare la MQ come una teoria che riguarda solo
l'esperimento [12] devo fare cos�:
1) ragionare, "per un po'" in modo "classico" (= pensare all'insieme delle
traiettorie possibili)
2) ad un certo punto fare qualcosa di "assurdo" (= sommare le probablit� in
ampiezza) che possa "correggere l'errore"
Insomma: un errore logico per correggere l'errore prodotto dall'aver usato
(in parte) la teoria sbagliata.
Se ci pensi bene, dal punto di vista concettuale � la stessa cosa che si
faceva agli albori della MQ, quando si prendeva un certo problema, si
calcolavano le traiettorie "classiche" e poi "assurdamente" si scartavano
tutte quelle la cui azione non era pari ad un multiplo del quanto d'azione.
Anche allora si applicava la MC e poi si faceva qualcosa di "assurdo" per
"correggere l'errore".
Ora, a me sta bene che i fisici -per di ottere i risultati "giusti" nel modo
pi� comodo possibile- mettano a punto gli "algoritmi" pi� astrusi. Purch�,
appunto, siano poi disposti, all'occorrenza, a mantenere la necessaria
lucidit� concettuale.
Se diciamo che <<le probabilit� si sommano in ampiezza>> tanto "per capirci"
va bene. Purch� sia chiaro che si tratta di una assurdit� logica che va a
compensare un'altra assurdit� logica (il fatto di usare un esperimento che �
"uno e trino"), e senza voler ricavare da quella assurdit� tutte le altre
infinite assurdit� che possono essere ricavate da un ossimoro (come la
"sovrapposizione degli stati" e via andare).
Saluti,
Davide
Received on Tue Nov 11 2003 - 16:18:17 CET
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