Re: Max Velocità

From: Giorgio Pastore <pastgio_at_univ.trieste.it>
Date: Tue, 21 Oct 2003 09:52:42 +0200

Giorgio Pastore wrote:
>
>
> Elio Fabri wrote:
...
>> > ...
>> > Nel concetto di angolo non c'e' una connessione diretta alle
>> > lunghezze. E naturalmente un angolo non e' omogeneo ad una lunghezza
>> > (non si sommano angoli e segmenti...).
>> Obiezione marginale: il criterio di omogeneita' e' piu' complesso:
>> non si sommano neppure energie e momenti angolari...
>
>
> Concordo. La parentesi era un' esemplificazione ma non la spiegazione.
> Anche senza andare alle energie e momenti, non e' nemmeno ovvio cosa
> significhi operativamente sommare temperature. Pero' sono confrontabili.
> per l' esempio che fai, di energia e momento di una forza, devo pensarci
> un po' meglio. C'e' qualcosa che non mi quadra al 100%. In realta' una
> mezza idea ce l' avrei: che il discorso del prodotto di grandezze
> fisiche vada affrontato formalmente negli stessi termini dei prodotti
> tensoriali tra spazi vettoriali. Potrebbe chiarificare un sacco di cose
> ... Forse un giorno ci elaborero' ulteriormente sopra...
...

Rubando un po' di tempo ad un periodo abbastanza pieno di impegni, ho
provato a ripensare alla questione energie/momenti di una forza e piu'
in generale alla questione del requisito di omogeneita' tra grandezze
fisiche. Direi che, col conforto di qualche testo di analisi
dimensionale (*)(e scegliendo tra posizioni non necessariamente in
accordo tra loro), la questione puo' essere messa nei termini seguenti.

Prima di tutto occorre fare attenzione a cosa vuol dire sommare termini
diversi. La somma algebrica in un' equazione puo' non essere un'
immagine (isomorfismo) fedele di possibili concetti fisici di somma.
Esempio: in meccanica non relativistica del moto unidimensionale la
somma algebrica di velocita' e' direttamente legata alla procedura
fisica di composizione delle stesse. In meccanica relativistica la
connessione si perde. Inoltre, l' esempio che avevo usato delle
temperature mostra che ci potrebbero essere quantita' in cui il concetto
di somma e' vuoto di significato operativo diretto.

Tuttavia se la somma e' in senso algebrico, tutte le grandezze
confrontabili devono essere sommabili. Perche' se posso stabilirne l'
uguaglianza (a=b) deve anche valere a-b=0.

Questa osservazione sembra banale ma permette di chiarire molto bene la
questione di cosa si puo' mettere nella stessa formula e cosa no.

Alla base c'e' la richiesta che una qualsiasi equazione, quindi
relazione di uguaglianza tra quantita' diverse, sia invariante in forma.
Invariante rispetto a quali cambiamenti ? Qui direi che la risposta
dipende dall' ambito di validita' cui si aspira per la relazione in
questione.

Una richiesta molto basilare e strettamente legata alla discussione in
corso e' che le equazioni siano invarianti in forma rispetto a
cambiamenti nelle unita' di misura. L' idea e' che una certa relazione
fisica esprime una relazione tra entita' misurabili indipendentemente da
cosa si usa per misurarle. Per ottenere questo risultato dal punto di
vista concettuale a volte sono necessari dei cambi drastici nella
concezione delle quantita' fisiche. Basti pensare ad esempio alla
formulazione del primo principio della termodinamica: se misuro calore
scambiato e lavoro scambiato con unita' di misura diverse, l'
affermazione che in una trasformazione ciclica |DQ| = |DL| e' priva di
senso (vale solo per alcuni sistemi di unita').

Dal punto di vista matematico l' invarianza in forma puo' essere
ottenuta richiedendo che l' equazione che connette varie quantita'
fisiche x1,x2,... : f(x1,x2,...) = 0 la dipendenza dagli argomenti sia
quella di funzioni omogenee generalizzate :

f(a*x1,b*x2,c*x3,...) = g(a,b,c,...)*f(x1,x2,x3,...)

In tal modo nelle nuove unita' di misura x1',x2',... l' equazione resta
della stessa forma: f(x1', x2', x3;,...)=0

Questa e' la ragione per cui preferiamo scrivere P = NkT/V e non
sinh(P) = sinh( NkT/V ). Anche se questa seconda forma e' equivalente
alla prima, l' invarianza in forma per cambio di unita' di misura non e'
manifesta.

Sulla base di queste considerazioni, l' analisi dimensionale puo'
vedersi come un modo economico per tener sotto controllo questa
invarianza delle relazioni fisiche.

Si puo' anche aumentare le richieste di invarianza oltre il cambio di u.
di misura. P. es. un' equazione che metta insieme un' energia ed il
momento di una forza non puo' funzionare perche', pur essendo invariante
rispetto al cambio delle unita' di misura non lo e' rispetto all'
inversione del sistema di coordinate (il momento di una forza e' uno
pseudo vettore mentre l' energia e' uno scalare).

Chiaramente pero' si tratta di condizioni necessarie ma non sufficienti
per poter avere relazioni sensate.
Anche rispettando tutte le invarianze possibili, scrivere relazioni
fisiche e' piu' che produrre teoremi in una teoria formale (mettendo
insieme simboli secondo regole a priori): se voglio uguagliare la forza
che ha agito sul tasto "i" del mio computer nell' ultima parola che ho
scritto con la forza (quindi la stessa quantita' fisica) che agisce sul
centro di massa della luna posso farlo senza violare regole di
invarianza ma la verita' o falsita' dell' equazione e' risultato di una
misura (diretta o indiretta).

Stesso discorso ovviamente per formule che contengano termini
adimensionali di origine diversa.

Giorgio

(*) I testi che ho consultato sono:

Bridgman, P.W. "Dimensional analysis" (New Haven, Yale University Press,
1963)

Palacios,J. "Dimensional analysis" (London, MacMillan, 1964)

Isaacson, E.de St. Q., Isaacson, M. de St. Q. "Dimensional methods in
engineering and physics: reference sets and the possibilities of their
extension." (New York, Halsted Press, 1975)
Received on Tue Oct 21 2003 - 09:52:42 CEST

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