Elio Fabri wrote:
...
> L'analisi non standard l'avevo studiata un po' parecchio tempo fa, e
> anche con una veloce scorsa a un libro, non garantisco troppo di dire
> cose giuste.
I miei ricordi risalgono a piu' di 20 anni fa' :-( e quindi e' probabile
la presenza di imprecisioni. Non avevo intenzione e non sarei in grado
di discutere in modo preciso l' analisi non-standard. Il messaggio che
mi interessava (e che poi e' quello che ricavai io a suo tempo studiando
il Robinson) e' che volendo si puo' sistematizzare la questione in modo
da riabilitare (sotto forma diversa) l' approccio "a infinitesimi".
Mi sembra pero' di ricordare una discussione (ma dove ? forse Am. J. of
Phys. ? non sono sicuro. Il decadimento neuronico sta agendo da un pezzo
:-(( ) di un approccio didattico all' analisi mediante l' impostazione
non-standard dove si presentavano le cose in modo meno rigoroso dal
punto di vista algebrico ma neanche troppo sporco da quello logico.
Vedro' se mi riesce di ricordare. Devo pero' aggiungere che la cosa non
mi aveva convinto granche'. E sottoscrivo una delle osservazioni che
invece ricordo chiaramente di quel lavoro e cioe' che comunque non e'
possibile ignorare l' approccio standard almeno per il banale motivo che
c'e' troppa matematica fatta nella versione standard per rendere
conveniente il renderla non accessibile facilmente. Una specie di
problema di compatibilita' all' indietro in campo didattico :-)
> Guarda caso, questa e' proprio la strada che avevo scelta quando feci il
> corso di Fisica I.
> Definivo in primo luogo una funzione continua come una f. che ammette
> un'appross. con una costante, con errore infinitesimo con l'ampiezza
> dell'intorno.
...
> Purtroppo ho tenuto il corso per un tempo troppo breve per poter
> verificare se l'approccio funzionava...
In questi casi i risultati di una vera sperimentazione sarebbero
estremamente utili.
Sarei molto curioso di capire l' efficacia relativa dell' approccio
usuale e di questo. A livello personale (ma la cosa si riferisce ad uno
stadio piu' tardo e quindi sicuramente influenzato dalle esperienze
precedenti) ricordo che l' approccio alle derivate (funzionali) come
miglior approssimazione lineare mi era parso poco soddisfacente la prima
volta che lo incontrai. Anche se oggi lo considero il migliore ed e'
quello che uso se devo introdurre il concetto di derivata funzionale.
Certo poi, un discorso a parte lo meriterebbe il problema di dover (all'
alba del nuovo millennio) continuare ad insegnare cosa e' una derivata
in corsi di fisica.
Qui a Trieste il problema e' stato risolto grazie ai famigerati ;-)
trimestri, facendo partire il modulo di meccanica del primo anno di
fisica al secondo trimestre dopo un modulo di calcolo differenziale ed
integrale fatto al primo.
Mi continua per� a rodere il dubbio che forse si potrebbe riuscire ad
insegnare derivate ed integrali in tutte le medie superiori. Ma credo di
avere molta difficolta' a comprendere la logica di chi disegna i
programmi di matematica delle scuole!
Giorgio
Received on Sat Mar 29 2003 - 23:45:36 CET
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