Re: La velocita' one-way e' davvero un concetto completamente dipendente da convenzioni?

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_fastwebnet.it>
Date: Fri, 17 Dec 2021 15:57:36 +0100

Bruno Cocciaro ha scritto:
> ...
> Definizione che non è detto che avvenga mai perché, sempre per come
> pare a me, il fisico medio tende considerare di scarso interesse la
> questione, tipo "roba da filosofi".
Potrei darti ragione ma credo di differire nelle conclusioni che ne
ricavi.
Il fisico medio ha un punto dalla sua parte. Dice sì che non perde
tempo con la roba da filosofi. Ma aggiunge pure
"Ti starò a sentire quando proporrai qualcosa di sperimentalmente
verificabile. Nel frattempo ti lascio elucubrare (se non esageri) ma
non più di questo."
In che senso condivido o no questa posizione lo riprenderò - credo -
più oltre.

> Ritengo però che, sulla questione della convenzionalità della
> simultaneità (questione che comunque, per come pare a me, e come tu
> noti opportunamente, se venisse spinta alle estreme conseguenze si
> porterebbe dietro la riscrittura di tutta la fisica fatta finora) sia
> il caso di avere un approccio da seguace dell'operativismo ingenuo.
Credo sia venuto il tempo tra noi di mettere bene le carte in tavola.
Cercherò ora di mettere in chiaro fin dove sono disposto a seguirti e
dove invece non sono diposto ad arrivare.
Per cominciare, la mia impressione è che tu non ti renda davvero conto
di quanto sarebbe profonda la "riscrittura" di cui stiamo parlando.
Mi guardo intorno, nel mio studio con quasi tutti i libri di fisica
che posseggo, e penso che di questi libri non se ne salverebbe uno.
(Ce ne sono un altro po' in un altro locale che chiamo pomposamente
"la biblioteca", dove però prevalgono libri vari, di letteratura e
altro. E quello che sto dicendo varrebbe anche per quelli.)
Ed è un fatto che al momento nessuno si è neppure provato in quella
riscrittura.
Tu dici di aver tentato per le eq. di Maxwell ma di non essere ancora
riuscito.
Scusa la franchezza, ma mi pare si attagli bene il verso di Dante:
"Ma non eran da ciò le proprie penne".
Né vedo altri nel mondo che ne sarebbero capaci, anche volendo.

> Questo perché il concetto di tempo è talmente radicato in noi che,
> senza essere guidati passo passo dalle misure, cioè dal significato
> operativo di ciò che affermiamo mentre costruiamo la struttura di
> base della RR, il rischio di sbagliare sarebbe troppo grande.
Non mi pare un rischio di cui preoccuparsi troppo.
Le passate generazioni hanno saputo fare ben altro, e non sto a farti
esempi.
Lo stesso Einstein ha sbagliato più volte; ha aperto una strada, altri
dopo di lui sono andati oltre, anche se il fatto che siamo qui a
discutere dimostra che il lavoro non è finito.
Al tempo stesso però non puoi negare che moltissimo di ciò che è stato
fatto anche senza capire la convenzionalità del tempo è stato
importante, funziona, spiega una quantità di fenomeni, ha permesso di
creare ex-novo strumenti prima inesistenti per le più varie
applicazioni...

(Parentesi: accenno solo che io vedo gravi pericoli per la ricerca
fisica come funziona oggi, che però non hanno niente a che vedere con
la presente discussione. Avrebbe se mai a che fare col thread "Limiti
dello sviluppo scientifico ..." ma non s se ce la farò a scrivere
qualcosa.)

> Nella mia ottica il significato operativo di _at_B/_at_tau è chiaro: si
> misurano _at_B=B_fin-B_in e @tau e si fa il rapporto. Ed è chiaro sia
> dove (nel punto in cui è fisso l'orologio Or che misura _at_tau) sia
> quando (rispettivamente all'inizio e alla fine di _at_tau) si devono
> misurare B_in e B_fin.
Va bene. Mi mancava che il tau va misurato su un orologio fermo.
Osservo però che se le varie sincron. differiscono solo per una psi(P)
come hai scritto di recente, allora _at_B/_at_tau coincide col @B/_at_t con t
definito a una sincr. qualsiasi
Credo anche di aver capito la difficoltà per rot E.
Il fatto è che nel senso usuale in rot E ci sono delle derivate
parziali sulle coord. spaziali, ossia fatte *a t costante*, e qui
della sincr. nn puoi fare a meno.
Insomma qui si sbatte il naso nel fatto che Maxwell non aveva problemi
perché aveva il tempo assoluto, e Einstein non ne ha avuti perché l'ha
sostituito col tempo di un dato rif. inerziale, definito con la sincr.
standard.

E' il momento che io enunci esplicitamente il mio atteggiamento
epistemologico in materia, che però forse conosci già.
Io non accetto un operazionismo estremo. Mi riconosco in quella pagina
di Hempel che ho citato in più occasioni, dove si paragona il rapporto
tra teoria ed esperienza a quello tra una rete tesa sul mare e l'acqua
sottostante.

La rete è la teoria, costruita senza obbligo di essere interpretabile
operativamente in ogni suo punto.
Esistono solo una quantità di fili, immersi nel mare, che
rappresentano i punti della rete (termini, concetti, procedure), alle
quali di assegna un preciso corrispettivo empirico.
Così mi pare funzioni realmente, nella prassi degli ultimi secoli, la
corrispondenza tra teoria ed esperienza.
Da molto prima di Einstein, della m.q., nonché di Bridgman.
E nonostante dichiarazioni più o meno lontane da questa prassi che si
possono leggere nelle escursioni filosofiche di molti fisici.

> E, sempre nella mia ottica, aggiungerei che il fatto che tutte le
> leggi della fisica abbiano sempre avuto le due pretese suddette non
> ha mai indotto i fisici a introdurre un nuovo ente chiamandolo
> spazio-tempo. Io continuo a non vedere la necessità di tale ente,
> anzi mi pare che faccia più danni che altro.
Ohh, questa dichiarazione esplicita ci voleva!
L'avevo intuita, ma ora è chiara.
Minkowski requiescat in pace, dunque :-)

Purtroppo io sono su una posizione opposta: concordo con Wheeler che
intende la relatività come "fisica dello spazio-tempo" (non a caso è
il titolo del libro che forse conosci).

Saprai che in materia di spazio-tempo ci sono due correnti tra i
fisici: i cosiddetti "sostanzialisti" e i "relazionisti".
Per i primi lo sp-t è un'entità dotata di realtà accanto agli oggetti
materiali, per gli altri è definito solo come "relazione" tra gli
oggetti.
Debbo dire che a parte la questione più strettamente filosofica
(ontologica) a me la posizione relazionista riesce difficile da
capire.
Non vedo come si possa ricavare dalle "relazioni tra oggetti" tutto
ciò che qualsiasi fisico usa quando usa anche solo la RR.

Tra i relazionisti si annovera ad es. Weinberg, ma io non ho mai letto
il suo testo di RG. Wheeler invece è sostanzialista.
Per quanto mi riguarda, non amo sprofondare nella filosofia: mi basta
sapere come formarmi un'immagine mentale (quindi un preciso modello
matematico) dello sp-t, e trovo che questo è molto più semplice e
chiaro, anche ai fini didattici, se si assume la posizione
sostanzialista.

Incidentalmente, un punto con cui dovresti simpatizzare è che si può
ragionare sullo sp-t definendolo (nel modello matematico) come oggetto
astratto, indipendente dalle coordinate: non solo quella temporale ma
anche quelle spaziali.
Poi le coord. s'introducono (quando torna utile) senza aluna necessità
di darne un def. operativa; possono benissimo restare oggetti
matematici non interpretati.

Da circa un secolo esiste il calcolo differenziale esterno di Cartan,
che permette per es. di scrivere le eq. di Maxwell in modo assai
conciso:
dF = 0
*d*F = j
dove F è il tensore (o meglio la 2-forma) e.m. che comprende E e B.
Lo sp-t della RR è una varietà piatta semi-riemanniana, che quindi
ammette sistemi di coord. in cui il tensore metrico è diagonale:
g = diag[1,-1,-1,-1].
Con queste coord. le due eq. che ho scritto sopra diventano le note
eq. di M. in forma relativistica.

> ...
> ma se il punto è semplicemente quello di scrivere le eq. di M. in
> una qualche sincronizzazione non standard, allora si potrebbe
> prendere il report più volte citato di Vetheranian, Anderson e
> Steadman alle pagg ...
In realtà mi ero messo a lavorare sulla questione proprio perché
l'articolo di VAS non mi piace.
Questi autori mostrano di non aver capito che la questione delle varie
sincr. non è che un caso particolare dell'arbitrarietà delle coord.,
dove si mette mano solo alla coord. temporale.
Arrivano al punto di voler dare diverso significato fisico alla forma
covariante e a quella controvariante di un vettore come E o B.
Troverai in
http/www.sagredo.eu/temp/sincrocaus1.pdf
una versione incompleta ma abbastanza sviluppata del mio scritto
(datata ottobre 2016).
Ti darà almeno un'idea suff. chiara del mio approccio. Anche se a
leggerla oggi direi che manchi qualcosa...
Quali fossero le difficoltà che mi hanno fermato non saprei proprio
dirlo :)
-- 
Elio Fabri
Received on Fri Dec 17 2021 - 15:57:36 CET

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