Re: Cosa c' era prima del Big Bang ?

From: Aanselm <aanselmb_at_gmail.com>
Date: Thu, 17 Jun 2010 09:12:36 +0000 (UTC)

dumbo:
> "Aanselm" <aanselmb_at_gmail.com> ha scritto nel messaggio
> news:hv4ihe$s20$1_at_news.eternal-september.org...
>> dumbo:
>> [...]
>>> 1) parte da un assioma evidente: il principio di non contraddizione
>>
>> Vorrei solo precisare che il pdnc non e' un assioma
>> ma un asserto logico inaggirabile.
>> Infatti ogni proposizione che tenta di confutarlo
>> inevitabilmente lo presuppone per eseguire la confutazione.
>> E' un principio logico presupposto da ogni discorso razionale,
>> pertanto non puo' considerarsi un assioma.
>> La sua formulazione piu' esplicita risale ad Aristotele
>> (cfr. la "Metafisica") e in generale ai filosofi dialettici greci.
>> Ma non e' la scolastica che lo ha scoperto.
>
> sì è vero, grazie per la precisazione.

Colgo l'occasione per dire che le tue argomentaioni
mi sembrano interessanti e per certi aspetti condivisibili
ma temo che il contesto intersoggettivo non sia proprio ottimale.
Evidenti problemi di senso, chiaramente espressi,
non dovrebbero influenzare pesantemente le discussioni razionali,
anzi, questi problemi specifici potrebbero essere del tutto insuperabili
anche se non c'e', a mio parere, nessuna volonta' esplicita
per rifiutarsi al confronto. Se le categorie logiche
non sono ben riconosciute per quelle che sono e non-sono
diventa difficile argomentare. Non comprendere, ad esempio,
le differenze ontologiche o le implicazioni finali come
conseguenze incontrovertibili dei presupposti implicitamente
o esplicitamente asseriti determina risultati incontrollabili.
Prendi il famoso caso della possibilita' di manipolare i geni umani
per creare esseri viventi come "scorte di organi".
Se non si fornisce un senso forte alle categorie di essere e nulla,
tanto per iniziare da una famosa domanda,
e se non si deducono argomentativamente
le varie posizioni del pensiero rispetto all'opposizione tra le diverse
conseguenze derivanti dai presupposti categoriali,
difficilmente si riuscira' a comprendere per quale motivo razionale
e' piu' giusto trattare qualsiasi essere vivente come un fine in se'
e non come mezzo.
Senza tale fondamentale distinzione chi argomenta in modo intuitivo,
sebbene abbia grandissime esperienze dialogiche di matematica e fisica,
a mio avviso non puo' arrivare facilmente,
per scarsa abitudine autoriflessiva,
che e' il perno dell'argomentazione metafisica,
a fornire ragioni stringenti per evitare
di utilizzare esseri umani come mezzo per i propri fini.
Perche' mai dovrei accettare argomenti metascientifici
se "niente" mi impone di operare differenze tra
essere in un modo
piuttosto che in un altro?
Se non si riesce a ricavare sensi "condivisibili" da esperienze fattibili
perche' mai dovrei conformarmi ad argomenti metempirici?
Inolre, non e' semplicemente un principio astratto
il considerare un essere umano capace di essere libero
di potersi scegliere il proprio futuro
ma ci sono buoni argomenti per rafforzarlo dialogicamente
attraverso le conseguenze derivanti da diverse basi ontologiche
che sono del tutto comprensibli a chi e' abituato
ad argomentare in termini categoriali con le relazioni causali.
Forse ho sintetizzato un po' troppo
ma credo che tu possa comprendere il senso di queste osservazioni.

Ciao.

-- 
A
Received on Thu Jun 17 2010 - 11:12:36 CEST

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