Alberto Rasà: ha scritto:
> ...
> Tra l'altro non ho nemmeno mai affrontato decentemente l'argomento
> "invarianza dell'intervallo spaziotemporale ds in relatività generale"
> (oltre che la RG in generale); ho visto l'accenno che hai fatto su
> questo nella tua risposta a Bruno.
Vedo che la provocazione ha funzionato :-)
Ti ha spinto a rivelare tuoi punti deboli, invece di tenerli
pudicamente nascosti :-D
Il che, scherzi a parte, mi aiuta, perché mi porta a chiarire alcune
idee e concetti che non hanno niente di stratosferico, ma senza dei
quali la RG resta un mistero...
E molto probabilmente non sei il solo in questa situazione.
> Vedi (non crociffiggermi :-) ), già qui sono in alto mare perché non
> mi è chiaro il legame tra "coordinate" e "metrica": finora credevo
> (ripeto che sono a digiuno della maggior parte dei concetti di RG
> quindi anche di geometria differenziale, di varietà differenziabili,
> ecc) che la "metrica" avesse a che vedere con il "tipo di varietà" e
> che quindi fosse data, non che si potesse scegliere: metrica
> euclidea nel piano, metrica non euclidea in superfici differenti
> (sfera, iperboloide, ecc).
> ...
> Sono sicuro che (anche) queste cose sono spiegate bene sui tuoi
> appunti di Relatività Generale, che però, ahimé, non ho ancora
> avuto tempo di studiare.
Ahimé, a ripensarci temo di no. Anche perché è molto più matematica
che fisica.
Ho scritto più volte che io da queste discussioni imparo, e sono
sicuro che a distanza di quasi 20 anni se riscrivessi ora il Q16 farei
parecchi cambiamenti e aggiunte.
Purtroppo non ho più l'età...
Ora proverò a scrivere qualcosa, senza garantire completezza,
rigore...
Insomma, staremo a vedere :-)
Mi viene naturale dare un approccio storico, che abbraccia oltre due
secoli, cominciando da Eulero.
A me sembra molto istruttivo vedere come certi concetti che oggi
vengono dati per scontati, o comunque da mettere come ineludibile
premessa a qualunque esposizione di un argomento matematico, siano
stati in realtà conquistati faticosamente, e in certi casi abbiano
raggiunto la forma oggi considerata ottimale solo in tempi
relativamente recenti.
Non c'è solo il nostro argomento (geometria differenziale delle
varietà); lo stesso si può dire per i numeri reali e complessi, per
tutto il campo che prende il nome di "topologia generale" ... e potrei
continuare.
Ai tempi di Eulero (fine '700) l'argomento aveva la forma più
ristretta e soprattutto più concreta di "geometria delle superfici".
Ha molto a che vedere co quello che hai scritto:
> finora credevo [...] che la "metrica" avesse a che vedere con il
> "tipo di varietà" e che quindi fosse data, non che si potesse
> scegliere: metrica euclidea nel piano, metrica non euclidea in
> superfici differenti (sfera, iperboloide, ecc).
Così era infatti all'inizio. Per arrivare al punto di vista attuale ci
sono voluti più di due secoli!
Abbreviando e schematizzando, Eulero si mette a studiare i vari tipi
di curvatura che può avere una superficie. Più oltre non andava:
superfici immerse nello spazio euclideo tridimensionale.
Alcune cose erano già note, ma sorvoliamo.
La costruzione di Eulero è questa.
Prendi una superficie S (regolare) qualunque, per es. un ellissoide.
Scegli a piacere un punto A.
Traccia (mentalmente) la retta n normale in A alla superficie.
Pensa al fascio di piani avente n come asse; ciascuno di questi piani
interseca S secondo una curva (nel caso dell'ellissoide la curva sarà
sempre un'ellisse, ma non interessa).
Allora era già noto il concetto di curvatura di una linea nel piano:
raggio di curvatura in un punto, cerchio osculatore...
La prima idea geniale di Eulero è di affrontare il problema in senso
differenziale: studiando tutte quelle curve in un piccolo intorno, che
basta per poter definire la curvatura in A (curvatura = inverso del
raggio di curvatura).
L'idea è geniale perché può essere applicata a *qualsiasi* superficie,
nei punti in cui essa possiede una normale e le sezioni hanno una
curvatura definita (senza entrare in dettagli, occorre che S sia
differenziabile due volte).
Eulero dimostra una formula: se theta è l'angolo formato dal generico
piano del fascio con un piano preso come origine, la curvatura della
sezione ha sempre la forma
K = A cos^2(theta) * 2B sin(theta) cos(theta) + C sin^2(theta)
con A,B,C, costanti caratteristiche di quel punto, e che in generale
saranno diverse punto per punto su S.
Quella formuletta permette di dire diverse cose, su cui debo
sorvolare. Tranne un accenno che segue.
- Se AC-B^2 > 0, K non si annulla mai e ha segno costante
(la curvatura K ha un segno se la normale è una retta orientata: K>0
significa che la curva sezione è concava nel verso positivo).
In questo caso A viene chiamato "punto ellittico".
- Se AC-B^2 < 0, ci sono due valori di theta per cui K=0.
Il punto si chiama "iperbolico".
- AC-B^2 = 0 significa che K=0 per un solo theta: punto parabolico.
A titolo d'esempio, un ellissoide ha solo punti ellittici; un
ipeboloide, dipende. Ci sono due iperboloidi: quelli a una falda hanno
tutti punti iperbolici, quelli a due falde tutti punti ellittici.
In tutti i casi esistono due piani le cui sezioni hanno curvatura
massima e minima, dette le "curvature principali".
Passa qualche anno e arriva Gauss, che scrive le "Disquisitiones
generales circa superficies curvas" (1827).
Sue innovazioni, a volo d'uccello.
Rappresentazione di una superficie mediante equazioni parametriche,
con coordinate curvilinee generali.
La metrica: forma differenziale quadratica scritta in funzione delle
coordinate curvilinee (il famigerato ds^2).
Per Gauss una superficie è ancora una sottovarietà dello spazio 3D
euclideo (ma i termini "varietà" e "sottovarietà" arriveranno dopo).
Il calcolo di questa forma quadratica è semplice.
Si scrivono le eq. parametriche della superficie:
x = x(u,v)
y = y(u,v)
z = z(u,v).
Si scrive la metrica euclidea in 3D:
ds^2 = dx^2 + dy^2 + dz^2. (1)
Si scrivono i differenziali delle coord. cartesiane:
dx = _at_x/_at_u du + @x/_at_v dv
ecc.
Si sostituiscono nella (1) (non scrivo l'espressione).
Si raccolgono i coefficienti di du^2, du dv, dv^2:
ds^2 = E du^2 + 2 F du dv + G dv^2.
Questa si chiama la "prima forma fondamentale" di una superficie.
E, F, G sono funzioni di (u,v) e con terminologia più moderna
costituiscono il "tensore metrico" della superficie.
(mi pare però che il simbolo ds^2 sia di Riemann)
Se si cambiano le coordinate, passando a (u',v'), ds^2 resta lo stesso
(è il quadrato della distanza tra due dati punti "infinitamente vicini"
sulla superficie) ma le nuove E', F', G' sono diverse, anche in valore
nello stesso punto: si trasformano come le componenti di un *tensore*.
Gauss inventa anche il concetto di "geodetica"; non dico di più.
Introduce anche una procedura per calcolare i coeff. A,B,C della
curvatura a partire dalle eq. parametriche della superficie.
L'idea è questa.
Data la superficie e il punto A, prendiamo A come origine di un
sistema di cord. cartesiane, tale che il piano (x,y) sia tangente a S
in A. Allora S avrà un'eq. cartesiana della forma z = f(x,y) e per
costruzione f si annulla in A insieme con le derivate prime. Quindi
f(x,y) = L x^2 + 2 M xy + N y^2 + ... (2)
dove i ... sono almeno di terzo ordine in x,y. Le L, M, N sono le
derivate seconde di f e la (2) si chiama "seconda forma fondamentale.
Non è difficile esprimere gli A, B, C di Eulero dagli L, M , N, ma
Gauss fa di più: fa un passo nella direzione che ci serve, osservando
che se pensiamo S fatta di un materiale flessibile ma inestensibile, la
sup. S si può trasformare in un'altra S' (in infinite altre) tale che
le distanze *misurate sulla superficie* e gli *angoli fra le curve* non
cambiano passando da S a S' (isometria)
Un caso particolare sono le superfici "sviluppabili" che possono
essere "distese" su un piano.
Quanto detto sta a significare che la prima forma fondamentale è
invariante per isometrie, mentre la seconda non lo è.
Anzi Gauss dimostra il "theorema egregium": il prodotto della
curvature principali, oggi noto come "curvatura gaussiana", si può
esprimere da E,F,G. E poiché questi sono invarianti per isometrie, lo
stesso è vero per la curvatura gaussiana.
Nasce così la distinzione tra curvatura "intrinseca" ed "estrinseca":
la prima è una proprietà della superficie, indip. da come essa è
immersa nello spazio; la seconda invece ne dipende.
Un grande passo avanti lo fa Riemann: in primo luogo esce dallo spazio
3D e concepisce l'idea di una varietà di dimensione qualsiasi, sempre
dotata di una metrica e quindi presumibilmente di curvatura intrinseca.
Fa di più: generalizza il concetto di curvatura, introducendo quella
cosa complicata che conosciamo come "tensore di Riemann", calcolabile
a partire dalla metrica. Se n è la dimensione di una varietà, il n. di
componenti indip. del t. di Riemann è N = n^2*(n^2-1)/12.
Per n=2 risulta N=1, cioè il t. di Riemann per una superficie si
riduce a uno scalare, che è appunto la curvatura gaussiana.
(Per n=4, N=20.)
Credo sia stato lo stesso Riemann a dimostrare che una varietà
(riemanniana) si può sempre immergere in uno spazio euclideo di dim.
suffic. grande. Ma non sono sicuro.
Potrebbe essere vero l'inverso: che Riemann abbia concepito le sue
varietà (di nuovo: non so se il termine sia suo) come sottovarietà di
un generico spazio euclideo, e che poi qualcun altro abbia dimostrato
che definita astrattamente la varietà con la metrica (in realtà ci
vuole anche altro, am non posso approfondire) è sempre possibile
trovare uno spazio euclideo in cui essa è immersa.
Poi sono successe altre cose, per es. il lavoro di Christoffel, di
Ricci-Curbastro, di Levi Civita, di Bianchi, di Cartan...
Ma intanto non sono tanto ferrato su tutta la storia, e poi il passo
che ci serviva l'ho descritto: dalle superfici di Eulero.Gauss
all'astrazione a varietà definite intrinsecamente (Riemann e altri).
--
Elio Fabri
Received on Tue Apr 18 2023 - 17:34:52 CEST