Giorgio Pastore ha scritto:
> Sì. Ma puoi usare qualsiasi altra famiglia. E non c'è neanche
> bisogno che sia globale (definita dappertutto). L'importante è avere
> un sistema di curve locali.
Quello che segue l'avevo scritto diversi giorni fa, ma è rimasto in un
cassetto metaforico, non so neppure perché.
Mi accingo a esporre il mio punto di vista sulla presente discussione,
mettendo le mani avanti: non so se sarò capace di farmi capire, e una
lunga esperienza passata non m'induce all'ottimismo.
Tra l'altro c'è qualcosa di fondo che non ho capito; spero almeno che
il tentativo di parlarne mi aiuti a chiarirmi le idee.
Naturalmente stiamo parlando, anche se su un argomento specifico
(spazio-tempo e coordinate) del rapporto tra matematica e fisica.
Questione non da poco...
Un veloce accenno (forse una ripetizione) a come i matematici oggi
(diciamo da un secolo) vedono la questione.
Con l'importante eccezione di personaggi illustri come Arnol'd, i
matematici non si curano della fisica (né di niente altro al mondo).
Costruiscono le loro strutture in modo autonomo e autosufficiente.
Almeno così dichiarano, e non è questa la sede per andare più a
fondo...
In materia di spazio-tempo, la gearchia di strutture rilevante è:
- spazio topologico
- varietà topologica
- varietà differenziabile
- varietà (semi)riemanniana.
Ciascuna di queste strutture è indipendente dalle successive e viene
presupposta quando si passa dall'alto al basso.
In modo approssimato (ma bisognerebbe capire che cosa significa
approssimazione in questo contesto) è anche la strada seguita in
"Gravitation", come ha spiegato Giorgio.
C'è un punto dove mi scosterei dalla sua esposizione: che possa
bastare un numero finito di punti o di curve per costruire la
struttura nei limiti in cui è necessaria a un fisico.
Discussi questo aspetto in più occasioni, l'ultima delle quali ~14
anni fa:
("Matematica e fisica - un rapporto complesso"; lezione alla Scuola
AIF di Storia della Fisica, Ferrara 3-12-2009)
http://www.sagredo.eu/articoli/matfis.pdf
Un esempio veloce: anche nella fisica più elementare (cinematica) non
si può fare a meno dei numeri reali, che sono ben più che infiniti!
Ma qui voglio soffermarmi su un altro lato della questione.
La struttura matematica sopra delineata può andare oltre una pura
dipendenza logica? Può essere usata per la costruzione di concetti
(anche solo nella pura matematica)?
La domanda è chiaramente retorica, e la mia risposta è "mi sembra di
no".
Un esempio che ci tocca da vicino: la definizione di varietà
topologica.
Viene solitamente data come "uno spazio topologico che ammette aperti
omeomorfi ad aperti di R^n, tali da ricoprire l'intero spazio."
Mi soffermo solo sugli aperti omeomorfi ad aperti di R^n.
Ciò presuppone che lo spazio sia dotato di una topologia, che
definisce gli aperti. ma soprattutto richiede che un certo numero di
questi aperti possano essere messi in corrisp. biunivoca e bicontinua
con aperti di R^n (quindi dobbiamo già conoscere R^n).
Come venga stabilito codesto omeomorfimo viene lasciato alla fantasia
del matematico, ma appena ci si pensa si capisce che per poter
definire l'omeomorfismo bisogna già sapere molto sullo spazio che
vogliamo promuovere a varietà...
In poche parole, dobbiamo già conoscere su quello spazio una geometria
abbastanza ricca perché si possa vedere la corrisp. con gli aperti di
n-ple di reali.
Ossia, per definire le coordinate, dobbiamo già *avere* delle
coordinate; la definizione richiede solo di verificare l'omeomorfismo,
ma le coordinate debbono esserci già.
È quello che sottintende Giorgio, quando scrive
> P.es. potremmo introdurre un doppio insieme di curve tali che [...]
Curve? Che cosa sono le curve? Come faremo nella realtà (matematica,
bada bene) a costruire questo sistema di curve, se non dandone le
equazioni oppure caratterizzandole geometricamente?
(Esempio: potremmo in un piano prendere delle ellissi e delle iperboli
confocali; ma bisogna conoscere la geometria delle coniche, che
richiede la geometria euclidea...)
Lo stesso vale per la "famiglia di rette" di Alberto, che presuppone
la geometria analitica del piano.
L'esempio di "Gravitation", e il paragone con le città giapponesi,
funziona solo a parole; in pratica fornirebbe un sistema di coordinate
di una complicazione terribile, con cui non si potrbbe fare nessun
calcolo.
Basta guardare la realtà delle più semplici cose conosciute in RG, per
vedere che si procede in modo opposto.
Prendiamo ad es. la geom. di Schwarzschild.
Rifacciamoci all'articolo originale (esiste la trad. inglese in pdf).
Schw. parte, come Einstein, assumendo
a) simmetria sferica
b) soluzione statica
c) spazio-tempo asintoticamente minkowskiano
d) massa presente solo nell'origine.
Questo lo porta a scrivere la metrica
ds^2 = f_4 dx_4^2 - f_1 dx_1^2 -
f_2 dx_2^2/(1 - x_2^2) - f_3 dx_3^2 (1 - x_2^2) (9)
con x_1 = r^3/3, x_2 = -cos(theta), x_3 = phi, x_4 = t (f_1, f_2=f_3,
f_4 sono funzioni di x_1).
Da qui in poi S. procede a risolvere le eq. di Einstein; trova la
soluzione esatta e dimostra che la sol. approssimata di Einstein è del
tutto adeguata pr il calcolo della precessione del perielio di
Mercurio.
Questo e molte altre cose, tra cui importantissimo ai fini storici il
modo come tratta la singolarità, non sono però rilevanti ai presenti
fini.
Ciò che importa è che la scelta delle coordinate e la forma generica
della metrica discendono da considerazioni di simmetria e altre,
quindi da conoscenze che si prendono come postulati quanto allo
spazio-tempo in questione.
Così si procedeva oltre un secolo fa, ma così si procede ancor oggi.
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Elio Fabri
Received on Mon Jun 12 2023 - 10:22:44 CEST