Davide Campagnari ha scritto:
> ...
Leggendo il tuo post mi era venuta la tentazione di risponderti con
un'altra domanda.
Visto che avrai letto da un po' i miei post, dovresti sapere come la
penso, un po' su tutto quello che hai scritto.
Secondo te, come ti risponderei? :-)
Però hai già avuto varie risposte, quindi lascio da parte gli
indovinelli e rispondo direttamente
> Già il modo di iniziare, ovvero la cinematica pura (moto
> uniforme, moto uniformemente accelerato, moto circolare...),
> mi lascia perplesso: mi sembrerebbe più ragionevole partire
> con la dinamica e trattare i casi più semplici (ovvero
> niente forza = moto uniforme, forza costante = moto
> uniformemente accelerato, forza rotante = moto circolare ecc.).
Attento con la forza rotante: rischi di scatenare Buggio, che ti
rimprovererà di aver dimenticato la cicloide :-)
Comunque non sono d'accordo su questo esempio.
Di forze rotanti in natura io non ne ho mai incontrate.
Ho incontrato reazioni vincolari (sasso legato a una corda) oppure
*campi* (gravit., elettrico, magnetico), ossia forze determinate da
posizione e velocità di un corpo, che in certe condizioni producono
moti circolari uniformi.
> L'elemento scatenante della riflessione, però, è stata la domanda
> di un gruppo di studenti [quelli bravi, lo ammetto :-)] che suonava
> più o meno così: Ma se le equazioni di Lagrange in coordinate
> cartesiane per campi conservativi non sono altro che F=ma riscritto
> in maniera più furba, e se molte cose sono più semplici nella
> formulazione Lagrangiana (che so, problema di Keplero), perché non
> si fa la meccanica direttamente così?
> ...
> A volte ho l'impressione che insegniamo la fisica esattamente come
> un secolo fa. Non sarebbe meglio (lo so, bisognerebbe decidere cosa
> voglia dire "meglio" in questo contesto) introdurre i principi di
> Newton, fare gli esempi fondamentali, e poi passare direttamente alla
> formulazione Lagrangiana?
Leggendo questo, la prima cosa che mi è venuta in mente è stato
Landau.
Che è anche più "furbo", perché neppure enuncia le leggi di Newton:
parte direttamente col principio di Hamilton.
Poi ho visto che in un senso mi aveva prevenuto BlueRay, ma per
arrivare a una conclusione opposta alla mia: secondo me quella è
proprio una delle ragioni per cui sconsiglierei L&L come testo
introduttivo alla meccanica.
Vedo che Giorgio la pensa come me.
L'attrazione di (alcuni) studenti verso approcci più astratti non mi è
nuova, data la mia lunga pratica didattica.
Ma ho anche visto da tempo, accanto alla potenza dell'approccio
lagrangiano, alcune sue controindicazioni.
Ecco che cosa scrivevo negli appunti del mio primo corso di Fisica
Superiore (1955-56), la cui prima parte era dedicata alla meccanica
analitica:
"Si è visto che basta aver fissato un sistema di coordinate
lagrangiane e conoscere l'espressione esplicita della L per arrivare
in modo completamente automatico alle equazioni del moto: le equazioni
di Lagrange forniscono cioè un orientamento preciso sulla strada da
seguire per la risoluzione di un problema di meccanica. Se non si fa
uso di tali equazioni la strada da seguire non è sempre evidente, ed è
più facile cadere in errori; generalmente è poi necessario ricorrere
ad artifici per l'eliminazione delle reazioni vincolari. Da questo
punto di vista è chiaro che le equazioni di Lagrange costituiscono un
aiuto specilamente nei casi più complicati, quando non esistono - o
non sono facimente individuabili - delle "scorciatoie" quali quelle
fornite dai teoremi di conservazione, ecc.
Un'obiezione ad un uso troppo estensivo delle equazioni di
Lagrange sta nel fatto che queste, a causa del loro carattere formale,
permettono un minor gioco all'intuizione, rendendo più difficili
considerazioni qualitative, valutazioni grossolane del comportamento
del sistema in esame, ecc.; in definitiva possono incoraggiare una
certa forma di pigrizia mentale. In considerazione di questa
possibilità si può dire che la cosa migliore è sempre il mantenere uno
stretto rapporto fra il procedimento intuitivo e quello sistematico,
controllando sempre l'uno con l'altro, e rimanendo sempre pronti ad
utilizzare caso per caso quello più conveniente."
(Trovi tutto ciò in it.scienza.matematica, nel thread "Meccanica
analitica vs meccanica razionale", mio post del 14/10/2012.)
Posso aggiungere qualche altro argomento, cercando di non ripetere
cose già dette.
1. Un approccio generale e astratto attrae alcuni studenti, come ho già
detto: ma sono quelli che proprio per queste ragioni hanno bisogno di
una cura intensiva di fisica "intuitiva", "modellistica" (non so
trovare un aggettivo più appropriato).
Sempre che non vogliano fare i matematici...
2. Per ragioni opposte quell'approccio riesce ostico a *molti* altri
studenti, che semplicemente non hanno la maturità mentale per capirlo.
E dato che sono molti, forzarli per quella via è un errore didattico
serio.
3. Avrò certamente espresso in altre occasioni il mio punto di vista
sul valore dell'astrazione (e degli approcci astratti) in fisica.
Non solo non sono contrario, ma sono convinto che in molti casi aiuti
a cogliere meglio il contenuto profondo di certe leggi e teorie.
(Quindi qui dissento da Pangloss, per quello che dice su Dirac.)
Solo che l'astrazione va conquistata gradatamente, altrimenti resta
una costruzione astrusa e sterile, senza agganci con la realtà.
E' praticamente impossibile che ci si possa arrivare all'inizio di un
corso di fisica.
Considerazione marginale: come si spiega che oltre 60 anni fa la mecc.
analitica fosse parte del programma di un corso del terzo anno, e ora
stiamo discutendo se si potrebbe addirittura cominciare da lì?
Abbiamo forse studenti più preparati a questo passaggio?
Io direi l'opposto...
4. Come trattare la m. analitica? Con quali strumenti matematici?
Anche se si assume l'atteggiamento più conservatore, è indispensabile
la teoria delle funzioni di *più* variabili reali.
A che livello di studio ci si può contare?
Oserei dire non prima del terzo anno.
5. Ma quello che ho chiamato "attegg. conservatore", che usa solo
matematica dell'800, mi soddisfaceva 60 anni fa, quando non ne
conoscevo altra. Oggi però vorrei basarmi su una matematica un pochino
più moderna, diciamo di quasi un secolo fa...
Penso al calcolo differenziale esterno di Cartan.
Incidentalmente, è questo che ha in mente Pangloss quando scrive
> Pensa che ho persino compiuto sforzi (coronati purtroppo da scarso
> successo) per riscrivere la RG (e la geometria differenziale) senza
> usare sistemi di coordinate, allo scopo di cercare di coglierne meglio
> il significato fisico!
?
Se è questo, è già stato fatto :-)
A rigore non "senza usare sistemi di coordinate" perché le strutture
matematiche di base sono sempre /varietà/, ossia - in soldoni - spazi
su cui si possono definire coordinate.
Del resto le coord. sono molte volte necessarie quando si passa dagli
enunciati generali a calcoli concreti; ma molti risultati (per es.
geodetiche, curvature, integrali primi, principi variazionali) possono
essere espressi in modi coordinate-free.
6. Restando nella meccanica, suppongo che tu conosca il classico libro
di Arnol'd: "Metodi matematici della meccanica classica".
E' un libro che ha i suoi annetti (l'ed. italiana è del 1979, non
conosco la data dell'ed. russa) e può darsi che altri testi lo abbiano
superato, ma non ne conosco (ignoranza mia).
In quel libro la mecc. lagrangiana inizia a pag. 57 e prende 103
pagine.
Prima c'è la mecc. newtoniana classica, esposta in una forma
matematica rigorosa, a mio parere già troppo stringata e troppo
indigesta per uno studente alle prime armi.
Ma se lo cito è soprattutto perché non fa sconti alle trattazioni
standard della m. analitica, mettendone in evidenza gravi difetti e
veri e propri strafalcioni: senza risparmiare il "magnifico manuale di
Landau e Lifschitz" (parole di Arnol'd).
7. Passiamo a un discorso più generale: che cosa serve alla formazione
di un fisico, nel senso di formazione di base, comune a tutti i
possibili indirizzi e specializzazioni?
Che un fisico teorico abbisogni di una solida base di mecc. classica,
inclusa la mecc. analitica, direi che non ci piove.
Ma parlando più in generale avrei i miei dubbi.
Sarebbe bene non dimenticare che dei fisici sche escono anche con
laurea magistrale dalle nostre università, solo una frazione lavorano
nella ricerca: nell'università o in altre istituzioni dedicate alla
ricerca fisica.
(Non conosco i numeri: qualcuno li sa?)
Tolti questi, avrei qualche dubbio sulla necessità perfino della mecc.
analitica, se il prezzo deve essere la rinuncia ad altro.
8. Per la mia attività pluriennale posso parlare con cognizione di
causa degli insegnanti secondari.
Non saranno molti sulla totalità dei laureati in fisica, ma neppure
pochi (anche se l'ambiente universitario li trascura in un modo
semplicemente indecente).
Affermo senza tema di smentita che ci sono molti altri capitoli della
fisica che per un futuro insegnante sono ben più importanti della
mecc. analitica.
9. Ma più in generale, a mio parere ciò che caratterizza la fisica
come scienza è la sua *multidimensionalità*: un fisico deve essere
capace di comprendere fatti e fenomeni disparati, e di adottare ogni
volta le tecniche e le strategie più adatte per affrontarli, per
indagarne le leggi, per ricondurli a leggi note...
Se questo è vero, una buona conoscenza della mecc. classica nella
forma di d'Alembert-Eulero (ricordate che F=ma è di Eulero, non di
Newton) è imprescindibile, insieme a tante altre cose.
Sacrificarla in nome di una supposta modernità o generalità della
forma lagrangiana (o hamiltoniana) mi pare un errore strategico.
S'intende che queste sono opinioni, che in parte ho ben salde, in
parte posso discutere e forse cambiare di fronte a validi argomenti.
--
Elio Fabri
Received on Mon Mar 13 2017 - 20:58:33 CET