Re: Misure e principio di indeterminazione

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_fastwebnet.it>
Date: Mon, 31 Jul 2017 22:18:24 +0200

Maurizio Malagoli ha scritto:
> Lo spettro di un operatore ci dice
> ...
Ho visto che hai messo lo stesso identico post su free.it.scienza.fisica.
Pensavo tu sapessi che questa non è una buona idea.
Non sto a spiegarti perché, tanto più che uno dei motivi ti apparirà
chiaro dal seguito.

Penso anche tu sappia che io ho abbandonato fisf da circa un anno.
Capita che occasionalmente vada a leggere quello che ci si scrive (e
ciò che vedo non fa che rafforzarmi nella mia decisione).
Di conseguenza non parteciperò alla discussione su quel NG.
Non so se avrai altre risposte qui (ne dubito) e per mio conto mi
limiterò a un paio di punti, dei tanti che ci sarebbero da rilevare e
discutere.

Fai una bella confisione tra spettro di un operatore (autoaggiunto,
dovevi dire) e spettro della psi, di cui non ho mai sentito parlare e
non so che cosa sia.
Non aggiungo altro su questo punto.

> Il principio di indeterminazione centra poco con le misure. Esso
> dice semplicemente che non può esistere uno stato psi valido (che
> sia soluzione dell'equazione di Schrodinger) tale per cui che il
> prodotto dello spettro di 2 operatori incompatibili sia
> <= h_tagliato\2, o viceversa, per qualunque psi che possiamo avere
> si ha sempre che lo spettro è >= h_tagliato\2.
Qui ci sono parecchi errori.
Il primo è che "c'entra" si scrive con l'apostrofo (non te la
prendere, l'ho trovato anche su libri :-( ).

Il secondo non è propriamente un errore, ma un'inesattezza,
Io direi che il PdI *non ha niente a che vedere con le misure* (fra
poco spiego meglio).
Secondo me bisogna essere radicali, per contrastare l'interpretazione
erronea (dovuta a Heisenberg) che lo fa discendere della perturbazione
indotta sul sistema dall'operazione di misura.
Anche il nome "principio" è improprio, perché fa pensare a un
enunciato *indipendente*, mentre non lo è affatto.
Meglio parlare di /relazione/ d'indet., che è più neutro.

Il fatto è che la RdI è un *teorema* matematico, che vale del tutto
indip. dall'interpretazione fisica della strattura matematica da cui
si deduce.
Poi, ma soltanto poi, dato che quella struttura matematica ha
un'interpretazione fisica, anche i suoi teoremi possono venire
interpretati fisicamente, ed enunciati in linguaggio fisico.
La cosa buffa è che H. tutto questo lo sa benissimo, tanto è vero che
scrive anche la dimostr. matematica.
E' un bell'esempio delle cose che possono capitare quando una teoria è
in stato nascente...

Altri errori: scrivi
> non può esistere uno stato psi valido (che sia soluzione
> dell'equazione di Schrodinger) tale per cui
La parentesi è superflua anzi è sbagliata.
Immagino che scrivendo "eq. di Schr." tu intenda
i hbar _at_psi/_at_t = H psi.
Se è così, confondi lo stato a un dato istante e la sua evoluzione nel
tempo.

A un dato istante la sola condizione sulla psi (che sarà funzione
delle variabili che definiscono la rappresentazione dello stato: può
essere la posizione, ma anche l'impulso o altre) è che sia un elemento
di uno spazio di Hilbert separabile (per es. una funzione L^2(R^3) per
una particella libera di muoversi nello spazio.
E' su queste funzioni che si enuncia la RdI.
L'evoluzione temporale farà cambiare lo stato, ossia la psi, cosa che
si esprime scrivendo psi(x,t).
Ma ripeto: per parlare della RdI devi fissare t, per cui la psi è
funzione solo delle coordinate (o di altre variabili, come già detto).

Poi scrivi
> il prodotto dello spettro di 2 operatori incompatibili
e qui ci sono due strafalcioni, di cui uno gravissimo e l'altro grave
in modo diverso.
Cominciamo dal secondo.
In generale si parla di "osservabili incompatibili" quando non è
possibile una misura simultanea delle due osservabili.
Ma questo attiene all'interpretazione fisica.
Si dimostra che gli operatori associati a oss. incomp. *non
commutano* (e viceversa).
Una proprietà *metmatica* legata alla non commutatività è che i due
operatori non hanno una base di autovettori comune (per coprire il
caso di autovalori continui dovrei usare un linguaggio diverso, ma
preferisco non farlo per non aggiungere confusione a confusione.

Ora l'enunciato tradizionale della RdI (che non è come l'hai scritto,
ma non voglio anticipare l'errore gravissimo) non vale così in
generale: vale solo per operatori /coniugati canonicamente/, ossia
tali che il loro commutatore sia i*hbar.
(E qui bisognerebbe precisare, per fare la matematica pulita, ma
sorvoliamo).
Per il caso generale di operatori che non commutano, la RdI assume una
forma un po' più complicata, detta "relazione di
Robertson-Schroedinger".

L'errore gravissimo è che tu parli di spettro, che per un operatore
autoggiunto è perfettamente definito (grossolanamente è l'insieme
degli autovalori) mentre avresti dovuto parlare di /scarto quadratico
medio/.
E' il prodotto degli s.q.m. di due operatori coniugati, che è limitato
inferiormente dalla RdI.

Il punto centrale è quello che ho già detto e che ripeto: lo s.q.m. di
un operatore su una certa psi è un concetto strettamente metematico.
Il suo quadrato è un certo integrale che non sto a scrivere.
Il teorema ti dice che il prodotto dei due integrali non può essere
inferiore a (hbar/2)^2. Nient'altro.

Poi, una volta che ti è stata insegnata l'interpretazione fisica (psi
= stato, op.autoagg. = osservabile, <psi|A|psi> = valor medio di A in
una serie di misure ripetute dell'oss. A sullo stato psi) e solo
allora, lo s.q.m. definito matematicamente diventa s.q.m. in senso
statistico dei risultati di una serie di misure di A sullo stato psi.
Solo allora puoi dire che la RdI esprime una limitazione intrinseca,
propria della m.q., sui risultati delle misure (non simultanee, nota
bene: fatte su copie diverse del sistema) di due osservabili
incompatibili su uno stesso stato, qualunque esso sia.

Vorrei aggiungere altro, ma per stasera il tempo è scaduto :-)
                                                                     

-- 
Elio Fabri
Received on Mon Jul 31 2017 - 22:18:24 CEST

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