Il 06 Apr 2008, 21:08, Elio Fabri <elio.fabri_at_tiscali.it> ha scritto:
> Tetis ha scritto:
Anzitutto ringrazio tutti per le risposte ed in particolare Gnappa per
la solerte e precisa indicazione.
> ...scuole dell' AIF...
> Nel 2003 la scuola venne organizzata a Pisa,
Ed io che allora vivevo a Pisa mi ero trovato a passare, anche perch�
ero stato solamente un'altra volta nella Domus Galileiana, e
volevo ricuriosare fra gli scaffali, poi trovandomi col�, fra tanta
gente, non essendo un insegnante n� un relatore avevo intenzione
di ascoltare giusto una due conferenze, me le sorbii tutte, tornai
anche il pomeriggio e poi il giorno seguente, e partecipai pure a parte
del lavoro di rilettura degli articoli originali di De Broglie. Ricordo gli
interventi di Bergia, Bernardini, e di altri docenti universitari di storia
della fisica che fecero a loro volta interventi molto interessanti.
La lezione tenuta da Elio fu fra le pi� fresche nel senso
che partiva da Einstein e Bose, per arrivare agli esperimenti di Aspect,
ed illustrare come sia strana la storia della fisica: l'ingegnosissima
teoria di Einstein nascondeva delle domande di cui Einstein non forzava
le risposte, gli esperimenti come colpi di teatro svelavano nel tempo
che le domande potevano essere riformulate in modi assolutamente
inediti, e le risposte che Einstein non aveva osato anticipare rivelavano
saggezza ed onest� intellettuale, il messaggio implicito era: tentare di
rispondere prima di avere un quadro cognitivo adeguato pu� indurre in
errore se e gli altri, se infatti Einstein avesse estrapolato le proprie
ipotesi oltre il "come se" avrebbe prodotto una misinterpretazione.
Insomma, nel complesso questa
scuola per gli insegnanti mi era sembrata strutturata in un modo molto
"nutriente", da una parte i problemi didattici attuali, dall'altra una
miniera
di fisica e soprattutto di pensiero negli articoli del novecento. Ad esempio
ricordo con piacere una discussione critica, articoli alla mano,
sull'impossibilit�
di rendere la sottigliezza dell'idea di quantizzazione di DeBroglie: io ne
conoscevo
la vulgata del libro di Amaldi, sul fatto che il numero di onde contenuto
nel
cerchio che rappresenta un livello deve essere intero, ma De Broglie
considerava
la condizione di risonanza con un livello di dettaglio straordinario,
anzitutto l'onda
era trattata relativisticamente, la nozione di velocit� di fase e di
velocit� di gruppo
erano considerate con estrema circospezione in vista della particolare
geometria
di propagazione ed in conclusione l'articolo poneva una quantit� di
questioni che
solamente con l'articolo di Schroedinger avrebbero trovato una parte di
risposte.
> Per questo motivo la mia lezione (che in realta' fu divisa in due parti
> in giorni successivi) parlava del concetto di fotone dalla nascita a
> (quasi) i giorni nostri.
> In particolare mi premeva mettere in evidenza le "stranezze"
> quantistiche dei fotoni, quelle che sono emerse e divenute d'interesse
> ampio negli ultimi decenni.
>
> Ebbi cosi' modo di scoprire che molti di quei fenomeni ed esperimenti
> non solo erano sconosciuti agli insegnanti secondari, "allievi" della
> scuola (cosa che avevo messo in conto) ma anche ad alcuni docenti,
> professori universitari di storia della fisica...
> Nel corso delle discussioni che seguirono alle reazioni meravigliate
> di questi coleghi, mi venne fatto di accennare sommariamente ai
> "quantum beats": un argomento che inizialmente non avevo pensato di
> trattare.
> Per questo motivo poi nella stesura del testo decisi di sviluppare un
> po' di piu' l'argomento, consultai il lavoro originale di Alexandrov,
> ecc.
<
> Non sapevo invece degli ulteriori sviluppi di cui parli, salvo
> qualcosa che avevo letto circa l'uso dei "quantum beats" per risolvere
> livelli molecolari vicini.
E qui tocca a me spiegare perch� cercavo quel tuo articolo: nel suo libro
di fisica dello stato solido, Davidov , che ha scritto anche un libro sui
solitoni e sul loro ruolo in biofisica, tratta il problema dell'assorbimento
non esponenziale. In effetti la spiegazione contiene poco pi� che
ingredienti classici: la luce � trattata macroscopicamente, ed
essenzialmente
il motivo dell'attenuazione non esponenziale � la diversa frequenza di
risonanza
prodotta dalle riflessioni, la meccanica quantistica entra solo nella
descrizione
degli stati elettronici e quindi nel calcolo della funzione dielettrica che
deve
entrare nelle equazioni di Maxwell, vista come funzione di Green degli
elettroni.
Un capitolo dopo, Davidov scrive un
capitolo ulteriore, come una subordinata di quelle che stanno dopo
un punto e virgola, sulla interpretazione quantistica dello stesso fenomeno:
introduce la seconda quantizzazione, ed alla funzione di Green aggiunge
altre grandezze. Siccome in quel contesto � poco chiaro il senso di questo
capitolo ho pensato che Davidov avesse in mente altri sistemi. Il libro di
Davidov e l'articolo di Alexandrov sono pi� o meno degli stessi anni, ma
a quel tempo mancavano la spettroscopia ultraveloce con la risoluzione
al femto ed atto secondo (non � l'atto teatrale, ma il prefisso per
10^(-18))
e le tecniche sperimentali per "fotografare" la dinamica elettronica, per�
Davidov aveva idea di fenomeni sofisticati che avvenivano in molecole
complesse e chiss� se conosceva Alexandrov e se aveva un'idea di
come interpretare "quantisticamente" i suoi solitoni? Che, saggio come
Einstein, non abbia osato?
> E' un esempio interessante di un fatto che si presenta spesso:
> all'inizio un fenomeno nuovo viene studiato con esperimenti ad hoc per
> mostrare la validita' della teoria. In un secondo tempo, una volta
> consolidata la realta' del fenomeno e la bonta' del modello teorico,
> il fenomeno stesso diventa una tecnica d'indagine usata per scopi
> diversi.
>
>
> --
> Elio Fabri
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Received on Tue Apr 08 2008 - 14:31:44 CEST