"Giorgio Bibbiani" <giorgio_bibbianiTOGLI_at_virgilio.it> wrote in message
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> La semplicita', nel caso della sincronizzazione, e' un criterio oggettivo.
> Tu hai fatto l'esempio della rotazione del sistema di coordinate spaziali,
> ed e' chiaro che in questo caso le due descrizioni del moto sono
> equivalenti, dato che in entrambi i casi si ottiene un moto uniformemente
> accelerato, in cui la velocita' cresce linearmente nel tempo,
> ma se cambiamo il modo di sincronizzare gli orologi, allora sono guai :-).
Questo dipende da cosa decidiamo di considerare "guaio". Se considerassimo
un guaio il passare da una descrizione unidimensionale ad una
tridimensionale allora la rotazione degli assi nel caso di caduta di un
grave sarebbe un guaio.
> Ad es. se voglio descrivere il moto di caduta libera, misurando il tempo
> _rispetto_agli_orologi_ posti lungo l'asse verticale, e se questi sono
> sincronizzati in modo arbitrario, otterro' una legge di caduta, magari
> complicatissima, che non corrispondera' a un moto uniformemente
> accelerato.
Certamente.
Il punto e' che la accelerazione (cosi' come la velocita') e' un ente
convenzionale e dicendo che nella caduta di un grave l'accelerazione e'
costante *non* stiamo facendo una affermazione dettata *esclusivamente* dai
fatti. In altre parole, la "vera" legge fisica, quella che vale
indipendentemente dalle nostre scelte, *non* dice che la accelerazione e'
costante.
> Io scelgo (come tu sottolinei definisco) di sincronizzare gli
> orologi in modo da ottenere una misura del tempo semplice,
> che mi permetta di ottenere leggi della fisica semplici, in
> questo caso di ottenere un moto uniformemente accelerato.
Come detto nel precedente post questo possiamo farlo, ma l'insegnamento
principe che ci viene dal prendere coscienza della convenzionalita' della
simultaneita' (tale presa di coscienza io la chiamo "portare a compimento la
discesa del tempo dall'olimpo dell' a priori") e' di non dimenticare gli
aspetti convenzionali, di evitare di mescolare i *fatti* con le convenzioni.
> Cioe' stai dicendo che l'invarianza di c non e' un fatto sperimentale?
Certamente, ma non sono il solo a dirlo (se con "c" si intende la velocita'
one-way). Lo dice la maggioranza della gente che si interessa alla
questione, cioe' tutti i sostenitori della tesi convenzionalista.
La velocita' one-way della luce, cosi' come la velocita' one-way di un
qualsiasi altro ente, e' convenzionale, quindi dire che una qualsiasi
velocita' vale xxx m/s *non puo'* mai essere un fatto sperimentale.
> Questa sarebbe la conseguenza di dire che la metrica Lorentziana non e'
> un fatto sperimentale.
> Mi sembra invece che fino ad oggi non sia stato effettuato alcun
esperimento
> che abbia dimostrato che c non sia invariante, e che ci vorrebbero delle
> ragioni molto forti per rinunciare al 2� postulato della RR.
Se si parla di velocita' one-way, *nessun* esperimento ha mai "dimostrato"
alcunche'. Non si puo' dimostrare sperimentalmente una convenzione.
Comunque questo fatto di misurare la velocita' one-way della luce (Vow),
ritenendo di poter ottenere o meno un risultato uguale alla velocita' di
andata e ritorno (Var), e' stata un'altra carta giocata dagli
anticonvenzionalisti: qualora la "misura" avesse dato come risultato Vow=Var
si sarebbe dimostrata sperimentalmente la correttezza della sincronizzazione
standard.
In realta' quelle non erano misure e davano necessariamente i risultati che
erano gia' stati prestabiliti. Anche questa storia delle presunte misure
della velocita' one-way della luce, la trovi ampiamente discussa
nell'articolo di Anderson, Vetharaniam, Stedman, Phys. Rep. (1998).
Ad ogni modo, non si rinuncia al II postulato. Che io sappia e' stato
Reichenbach il primo a sottolineare che il II postulato riguarda la
velocita' di andata e ritorno della luce, non la velocita' one-way (cioe' il
postulato riguarda un ente in interesse fisico, non un ente convenzionale).
Il postulato afferma che due fasci di luce partiti da qua in contemporanea,
torneranno qua in contemporanea se andranno a riflettersi su punti di eguale
distanza da qua (quali che siano le sorgenti che hanno emesso i due fasci).
> Viceversa, un buon procedimento di sincronizzazione deve essere tale che
> c rimanga invariante, deve essere "semplice".
Su questa questione della semplicita', Reichenbach si esprime nei seguenti
temini nel saggio che manda per il volume "Albert Einstein:
Philosopher-Scientist" curato da Schilpp (1949):
"Una certa confusione e' nata dalle considerazioni che si riferiscono alle
proprieta' di semplicita'. Un sistema descrittivo puo' essere piu' semplice
di un altro; ma cio' non lo rende "piu' vero" dell'altro. Il sistema
decimale e' piu' semplice del sistema iarda-piede-pollice ma il progetto di
un architetto calcolato in piedi e pollici costituisce una descrizione
altrettanto vera quanto un progetto calcolato con il sistema decimale. Una
semplicita' di questo tipo, per la quale ho usato il nome di *semplicita'
descrittiva*, non e' un criterio di verita'".
Tratto da "Autobiografia scientifica" di A. Einstein, Bringhieri (1979) pag.
183.
> Un buon procedimento di sincronizzazione deve essere tale
> che dati due orologi separati spazialmente, e sincronizzati,
> trasportando uno degli orologi dove si trova l'altro, la differenza
> tra i tempi segnati dai due orologi possa essere resa arbitrariamente
> piccola, a condizione di ridurre sufficientemente la velocita' del moto
> dell'orologio.
Qui torniamo alla principale carta giocata dagli anticonvenzionalisti, gia'
discussa due post fa: quanto dici sopra e' come dire che il trasporto lento
di orologi prova sperimentalmente la bonta' della relazione standard di
sincronizzazione.
Su tale questione rimando a quanto ho gia' detto nell'altro post.
> > Anche la metrica, come tutti i tensori di ordine
> > 2, cambierebbe forma se cambiassimo sincronizzazione.
>
> Per un cambiamento _arbitrario_ di sincronizzazione, dubito
> che si potrebbe conservare la struttura vettoriale dello spaziotempo
> della RR...
Una qualsiasi legge della fisica che, scritta in forma covariante, avrebbe
in sincronizzazione standard la forma
Y = M * X + M1 * X1 + ...
con Y, M, X, M1, X1 ... tensori di rango qualsiasi,
assumerebbe, in sincronizzazione qualsiasi, la forma
Y' = M' * X' + M1' * X1' + ...
dove le relazioni che legano Y a Y', M a M', X a X' ... sono state
esplicitate da R. Anderson, I. Vetharaniam, and G.E. Stedman, Phys. Rep.
295, 93 (1998) alla pagina 127.
Questo lavoro, gia' anticipato dall'altro del 1977, mette, a mio modo di
vedere, la parola fine alla questioni riguardanti la convenzionalita' della
simultaneita'.
Anderson, Vetharaniam e Stedman mostrano in maniera chiarissima che cambiare
sincronizzazione e' *esattamente* come ruotare gli assi, quindi io non
riesco proprio a capire come possa esserci ancora gente che non considera
chiusa la questione.
> E' proprio quello che intendevo, cioe' il fatto che con la
> sincronizzazione standard si ottenga la metrica Lorentziana
> e' una prova della bonta' di questa sincronizzazione.
No. Immaginiamo un qualsiasi fatto sperimentale che consideremmo, in
sincronizzazione standard, come prova del fatto che la metrica e' M. Quello
stesso fatto sperimentale, in sincronizzazione qualsiasi, verrebbe
considerato come prova del fatto che la metrica e' M', con M' e M legati
dalle relazioni dette sopra.
Cioe' i fatti sperimentali "provano" M se abbiamo scelto la sincronizzazione
standard, "proverebbero" M' se scegliessimo un'altra sincronizzazione.
> Ciao
> Giorgio Bibbiani
Ciao.
--
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Sun Jul 29 2007 - 17:22:51 CEST