nessuno ha scritto:
> Tre domande collegater fra loro (dalla mia ignoranza in
> elettromagnetismo)
>
> 1) Come mai lo spettro della luce solare � continuo? Nel dominio del
> tempo questo non dovrebbe equivalere ad un fenomeno aperiodico? Per�
> la luce � un fenomeno periodico (l'onda e.m. intendo)?
>
> 2) quando si dice "i fotoni della luce solare" ci si riferisce ad un
> fotone ad una sola frequenza che ha come spettro lo spettro continuo
> della luce oppure ad uno scieme di fotoni a frequenza diversa??
>
> 3) Infine: come si pu� dire che un fotone non � necessariamente
> monocromatico?? Che nesso c'� tra la frequanza del fotone e quella
> dell'onde del suo spettro??
Le questioni non sono nuove nel NG: se n'e' discusso non molto tempo fa.
Non eri mica tu con altro nickname?
Ma come dimostra la discussione che e' seguita, non sono affatto
semplici e le idee in giro sono tutt'altro che chiare...
Mi pare che il problema principale sia di districarsi tra descrizione
strettamente classica (onde e.m. e niente fotoni) e descrizione
quantistica.
Dal punto di vista classico, la luce del Sole e' un'onda e.m., e
possiamo occuparci solo del campo elettrico.
In un dato punto dello spazio, il campo el. sara' una funzione
complicatissima del tempo, nient'affatto periodica, ma fluttuante in
modo caotico, anche in direzione.
Isoliamone per semplicita' un "pezzo", relativo a un intervallo di
tempo finito ma molto lungo: per es. un secondo.
Cominciamo col non farci incastrare da questioni matematiche, tipo se
si debba fare lo sviluppo in serie di Fourier o integrale. La
questione non esiste, nel senso che il risultato e' lo stesso a tutti
gli effetti.
Se fai lo sviluppo in serie avrai una fondamentale di 1 Hz, e
armoniche fino a 10^15 Hz e piu'. Inoltre niente impedisce di prendere
una base temporale piu' lunga, col che la fond. si abbassa di
frequenza, ma le armoniche arrivano agli stessi valori; solo
s'infittiscono.
Percio' in realta' e' piu' significativo l'integrale.
Fisicamente la luce del Sole e' la sovrapposizione di onde emesse da
una quantita' sterminata di sorgenti, ognuna delle quali emette per i
fatti suoi. Percio' la trattazione corretta sarebbe quella statistica,
in cui il segnale che ricevi non e' che un campione di una var.
casuale a valori "funzione di t".
Questo porta all'autocorrelazione, al teorema di Wiener-Khintchin,
ecc. Non so se ne sai niente.
Salvo ha scritto:
> A ciascun fotone � associata una frequenza, quindi la luce solare sar�
> composta da un insieme di fotoni. Essendo lo spettro continuo, sar�
> continua anche la distribuzione delle frequenze (energie) dei fotoni
> della luce. Attenzione: la tua frase "...fotone ad una sola frequenza
> che ha come spettro lo spettro continuo..." non ha senso: se un fotone
> ha una sola frequenza come � possibile che abbia uno spettro continuo?
> La sua rappresentazione spettrale sar� un'unica riga alla frequenza
> propria del fotone.
Scusami, ma questo e' tutto sbagliato, a cominciare dalle prime 7 parole.
Vedi dopo.
> Alla 3) penso di averti gi� risposto: per es.: un' onda e.m. composta
> da tre frequenze avr� 3 gruppi di fotoni, uno per ogni freq.., e
> saranno distribuiti in numero in base alla potenza relativa della
> rispettiva frequenza.
Di conseguenza non e' vero neanche questo...
nessuno ha scritto:
> 3) se ho un'onda descritta da A(t) , avr� uno spettro non continuo
> (anche se formatop da una infinit� numerabile di componenti di
> frequenza).
Questo non e' vero.
> Fino ad oggi pensavo che come i suoni le onde e.m. fossero fenomeni
> ondulatori (e so che lo sono...ancora ) e che la loro frequanza
> (quella del fotone f = E/h), fosse la frequanza del fenomeno periodico
> A(t). Il punto � trasformando con fourier, dovrei ottenere uno spettro
> non continuo, ma a bande (infinite, ma numerabili)
>
> se le infinite freq. sonop una infinit� "continua" e non numerabile,
> allora de il segnale temporale non � periodico. Ma allora che razza df
> onde sono??
Qui riveli una confusione di base, che non e' soltanto tua: purtroppo
si trova su praticamente tutti i libri di fisica che conosco.
Infatti quasi tutti i libri hanno capitoli intitolati "oscillazioni e
onde". Gravissimo errore!
La confusione e' che "onda" significhi fenomeno periodico.
Ma neanche per sogno!
Se ho una corda tesa, e la colpisco in un punto, lungo la corda parte
un impulso, che *e' un'onda* e non e' affatto periodico.
E' un'onda perche' si propaga: e' la propagazione il tratto
caratteristico dei fenomeni ondulatori.
C'e' un mezzo che sta globalmente in quiete, e una perturbazione che si
sposta da un punto a un altro.
Che poi si possa studiare un'onda analizzandola in componenti
monocromatiche (cosa possibile e utile solo quando la propagazione e'
lineare) va bene, ma le onde sono altrettanto onde anche quando
non sono affatto periodiche.
Michele Andreoli ha scritto:
> Normalmente, il campo em libero (le onde) viene decomposto in serie,
> piuttosto che in integrale di Fourier (come invece si fa per il campo
> generato da sorgenti). Per fare questo, si tronca il campo al di fuori
> di un grande volume di integrazione, un cubo di lato L. Lo spettro e'
> quindi discreto, con una infinita' numerabile di componenti (come dici
> tu). Il fatto e' che le varie frequenze spaziali distano dell'ordine
> di 2PI/L e quindi, quando L tende all'infinito, lo spettro e'
> praticamente continuo.
Questo procedimento non e' affatto necessario.
E' vero che lo si usa(va) spesso, ma piu' che altro per pigrizia
matematica: per non aver a che fare con integrali di Fourier, delta di
Dirac e altre cose complicate...
Oppure come espediente per evitare scomode "divergenze".
Ma non c'e' nessuna fisica dentro: soltanto - ripeto - il non voler
usare la matematica giusta.
> ...
> Io, personalmente, uso il termine "fotone" soltanto per il caso
> monocromatico: il fotone dev'essere stato creato a t=-infinito e deve
> vivere fino t=+infinito. Solo in questo caso la relazione k=omega/c
> vale esattamente e quindi si puo' parlare di impulso, dunque di
> particella fotone.
Non so perche' lo fai, ma fai male: forse sarebbe diverso per un
elettrone? Una particella che non sia in un autostato d'impulso ed
energia non e' piu' una particella?
nessuno ha scritto:
> E questo � estremamente chiaro. Insomma: lo spettro non � prorpio
> continuo ma � a a bande vicinissime. quindi la luce � un fenoimeno
> periodico e nel dominio delle freq. d� una infinit� numerabile.
Non avrei bisogno di dirlo, ma non sono affatto d'accordo!
> Io direi, alla luce di quello che mi hai spiegato (grazie :-) che il
> fotone ha s� una sua frequenza ben precisa, ma che non � un fenomenop
> periodico per via della sua finitezza temporale.
Affermazione magnificamente contraddittoria :-))
A questo punto il nocciolo del problema e': un fotone ha una frequenza
(e quindi un'energia) definita?
Vedo che propendete per il si', mentre invece la mia risposta e' un
nettissino *no*.
L'energia per un fotone (come per qualsiasi altro oggetto,
particella...) e' un'osservabile quantistica, e a seconda dello stato
del sistema puo' avere un valore definito oppure no. Di fatto, nel
mondo reale, la regola e' no.
Per es. un atomo viene portato a un livello eccitato mediante un
brevissimo impulso laser, poi viene lasciato in pace.
Esso emette un fotone e torna allo stato di partenza.
E' ovvio (questo lo dite tutti) che il fotone ha un'estensione finita
nello spazio e nel tempo: quindi *non puo' avere* un'energia definita.
Analizzato con un spettrosopio di sufficiente potere risolutivo, esso
si "separera'" nelle diverse comnponenti monocromatiche.
Il che e' un pessimo modo di esprimersi, perche' il fotone non si
"divide in frammenti"; ma se lo spettroscopio possiede una batteria di
rivelatori in corrispondenza delle diverse l. d'onda, esiste una prob.
finita che il fotone venga visto da uno o da un altro rivelatore.
Questo *e' un comportamento del singolo fotone*: se ripeto
l'eseprimento piu' volte, con un fotone per volta, essi andranno uno
qua e uno la'.
Ma non potete sostenere che atomi identici, trattati allo stesso modo,
emettano fotoni di diversa energia...
Del resto nello stesso esperimento, se invece di uno spettroscopio
usate semplicemente dei rivelatori posti attorno all'atomo, troverete
che a volte il fotone va in un poso e volte va in un altro.
Quindi neppure la sua direzione di emissione (quindi l'impulso) e' ben
definita.
Ma c'e' di piu': ormai da decenni si sono fatti esperimenti, detti di
"quantum beats", consistenti in questo.
Si crea per un atomo una situazione in cui esso ha due livelli
eccitati, vicini ma non coincidenti.
Con un opportuno impulso laser si porta l'atomo in uno stato che e'
sovrapposizione di questi due: quindi in uno stato non stazionario,
con energia non definita.
Da quello stato l'atomo ritorna al fondamentale, emettendo il solito
fotone. Come e' fatto questo fotone? (*Un* fotone, badate!)
Per vederlo, si mette un rivelatore e si studia il tempo di ricezione
del fotone dal rivelatore.
Si trova un "battimento", nel senso che la prob. di ricevere il fotone
invece di decadere gradatamente nel tempo, come andrebbe nei casi
semplici, oscilla con una frequenza legata alla differenza di energia
dei due livelli.
In questo caso dunque il fotone emesso e' in uno stato che e'
sovrapposizione di due con energie diverse; non e' stazionario, e
in termini classici verrebbe descritto con due onde monocromatiche
sovrapposte.
Pero' il fotone e' uno solo...
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Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
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Received on Fri Jun 11 2004 - 21:24:53 CEST
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