richiesta chiarimenti su "Spacetime Physics"

From: <tucboro_at_katamail.com>
Date: Mon, 1 Nov 2021 01:55:15 -0700 (PDT)

Dopo una lunga pausa sto cercando di riprendere in mano la questione RR, rileggendo con attenzione “Spacetime Physics” di Taylor e Wheeler. La ragione della mia predilezione per quel testo risiede in un’impostazione che, se non ricordo male, non piace agli esperti di questo gruppo (se non erro in particolare ad Elio Fabri): l’utilizzo (ideale, cioè l’escamotage didattico) dei reticoli rigidi di orologi sincronizzati. Immagino che l’espediente non piaccia perché non è così che le cose vengono fatti nella fisica concreta, ma per me ha avuto il vantaggio di spazzare via un fraintendimento molto grave. L’idea, cioè, che la relatività poggi semplicemente sulla banale osservazione che, essendo c finita, un certo evento viene percepito a tempi diversi a seconda di dove sia posizionato l’osservatore.
Ad ogni modo, lo sto rileggendo con attenzione e mi sono bloccato in particolare su due punti.


Gli autori analizzano due eventi (l’emissione di un lampo di luce lungo l’asse y ed il ritorno dopo la riflessione) e con le ipotesi di invarianza della distanza lungo y e di costanza di c mostra che la quantità intervallo=(dt^2-dx^2)^0.5 (in unità per cui c=1) è invariante per due SRI in moto relativo lungo x.


Ed ecco la frase che non mi è chiara e non mi sembra approfondita e spiegata a sufficienza: “Now forget the outgoing light flash, the reflector, and the returning light flash. They were only tools. They helped to identify the quantity that has the same value in different frames of reference. From now on focus on the quantity itself, the interval. Disregard the detail of the derivation”.



Non mi è per niente chiaro come faccio a passare dal particolare (sto analizzando un lampo di luce facendo un’ipotesi cruciale sulla luce, non una tartaruga che va qui e là) all’universale. Eppure la invarianza dell’intervallo (o le trasformazioni di Lorentz, alternativamente) si applica senza dubbio anche alla tartaruga. Sarò corto di comprendonio, ma non mi pare che il testo riprenda in esame questo punto che a me pare cruciale (per lo meno, è cruciale per la mia comprensione).





Secondo punto oscuro: la definizione di “proper time”. Per il libro (pagina 31) , pari al valore dell’intervallo nel caso questo sia positivo (cioè per gli intervalli cosiddetti “di tipo tempo”). Questa definizione differisce da quella che conoscevo (intervalli di tempo misurati da orologio solidale). Ora, è chiaro che se l’intervallo è positivo posso scegliere un riferimento inerziale per cui dx=0, e quindi le due definizioni coincidono. Però la cosa è fattibile, mi pare, solo se il fenomeno procede a sua volta con moto non accelerato, altrimenti come può il dx essere nullo? Insomma, mi pare che le due definizioni non siano pienamente coincidenti, essendo quella del testo più limitata.

Insomma, sto facendo confusione, ho dubbi, non procederò oltre pagina 31 se non mi chiarirò le idee. Se qualcuno di voi può aiutarmi, grazie anticipato.
Received on Mon Nov 01 2021 - 09:55:15 CET

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