Re: Principio di Heisenberg

From: Tetis <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Mon, 04 Jul 2005 11:52:35 GMT

                    Il 02 Lug 2005, 21:38, "Giulio Severini" <fenice1976_at_hotmail.com> ha
scritto:
> Mi par di capire, quindi, che parlare di 'indeterminazione' sia
> oltrech� fuorviante anche scorretto epistemologicamente. Come ha fatto
> notare il Prof. Fabri, che ringrazio per il suo post, in inglese si usa
> il termine 'uncertainty', mentre in tedesco 'Unsicherheit', ed entrambi
> vogliono dire 'incertezza'.
> E non � una sfumatura, se ho capito il senso del discorso del Prof.
> Fabri.
>
> La gente comune, di cui io faccio parte, non riesce a capire -
> nell'ambito di un determinismo evidente delle 'cose che ci circondano'
> - come possa essere la natura 'non deterministica' a livello
> fondamentale, dove con 'livello fondamentale' intendo 'di per s�'.

Premetto che trovo la locuzione "gente comune" altamente indeterminata,
e mi chiedo se l'infanzia ha diritto di cittadinanza in questa comunita'.
Allora quello che da bimbo, piuttosto comune, credevo, era che non
esistessero regole fisse nel mondo. Ogni giorno mi svegliavo e le nuvole
nel cielo erano ogni giorno diverse, spesso provavo a far girare una moneta
sempre nello stesso modo e mai trovavo lo stesso lato. A volte lanciavo una
moneta e trovavo quindici volte la stessa faccia. Questa parola che tu dici
appartenere al mondo della "gente comune" era una di quelle parole da
grandi,
da filosofi che parlano in televisione. Allora in che senso dici che le cose
che ci circondano sono permeate da un determinismo evidente? Credo
ancora, sinceramente, che sia una delle parole piu' difficili e lontane
dall'esperienza comune. L'unico punto di contatto che avevo con la
misteriosa sfera del determinismo era attraverso la televisione. Ad ogni
previsione del tempo mi chiedevo come mai potessero funzionare ed
ancora se non fosse possibile prevedere oltre che il tempo i terremoti e
le piccole sfortune quotidiane, oppure i fulmini per esempio, gli incontri,
i pensieri, le cattive azioni, le guerre, e rimediare. La cosa che trovavo
piu' sconcertante in questo circuito di pensieri in cui le previsioni
entravano
nella vita quotidiana era legata al fatto che ogni momento della giornata
io avevo la certezza di scegliere. Come si fa a pensare che il mondo sia
prevedibile, mi chiedevo? In particolare avevo questo vago sentimento
di disagio: se un tipo mi garantisce di avere previsto che domani usciro'
di casa e mi prendero' un acquazzone, sarei ben sciocco se gli permettessi
di avere ragione, oppure dovrei essere impedito da una forza maggiore
nel compiere l'ovvia scelta di non bagnarmi. Ma questa previsione allora
non sarebbe una previsione, sarebbe una violenza, ma un cane che si morde
la coda. Trovavo sinceramente sconcertante persino il fatalismo di alcuni
anziani, ma almeno il loro pensiero non era assurdo e lasciava liberta',
loro
dicevano qualcosa come: ogni nostro giorno e' gia' scritto, ma non sappiamo
come. Non avevo a quel tempo alcun nitido orientamento in questa massa
di confusi pensieri e sentimenti. Avevo una sola netta sensazione: la
previsione
certa era un claustrofobico circuito chiuso che sentivo quando per pigrizia
o
per motivi di forza maggiore il campo delle mie azioni era limitato.
Riuscivo
ad uscire dall'angoscia dei pensieri chiusi solo con l'azione, con
l'esperienza
che sfata l'angoscia. Il ruolo dell'azione nella mia vita divenne centrale
non
appena ebbi la capacita' di camminare. Cominciai a percepire nettamente che
molte delle cose che pensavo non avevano ragione di esistere se solo avevo
la
liberta' di compiere un gesto che andasse nella direzione di sottrarmi alla
pressa
della speculazione, il pensiero ne risultava poi vivificato. Avevo la
percezione che
muovendomi riuscivo ad andare molto piu' avanti anche con il pensiero. Il
determinismo
con i suoi fantasmi torno' presente molto dopo, sempre associato con la
limitazione
della liberta', con vincoli stagnanti. Non c'e' gusto nel prevedere le
proprie azioni,
o quelle altrui, e' come denaturare una proteina, puoi sapere tutto solo
delle cose
da cui non puoi imparare nulla.

> La divulgazione scientifica di cui noi ci cibiamo,pi� e pi� volte ci
> presenta la rivoluzione scientifica avvenuta nel secolo scorso come
> l'affermazione di un relativisimo oltrech� dello spazio e del tempo,
> anche del rapporto tra causa-ed-effetto dei fenomeni fisici nonch�
> proprio del loro esistere in quello che adesso chiamiamo spazio-tempo e
> non pi� semplicemente spazio, come prima del '900.

Andrebbe sempre sottolineato che questa e' una ipersemplificazione,
un'astrazione, una finzione che non esaurisce la portata e le possibili
espressioni della realta'. Anche questa e' un'astrazione di sostegno ad
un pensiero su azioni soggette a liberta' controllata. Non esiste lo spazio
tempo se non come processo astrattivo e come riduzione della varieta' del
mondo. Nessun bambino sarebbe cosi' sciocco da pensare che esiste
solo quel che si vede.

> Quando sentiamo parlare di indeterminazione noi, gente comune,
> cerchiamo di capire come sia possibile che una particella *non* abbia
> una posizione precisa nello spazio (non parlo di spazio-tempo, termine
> che la gente comune non conosce ancora bene), e come sia possibile che
> non si possa conoscere con precisione arbitraria (che noi gente comune
> capiamo come 'precisa quanto vogliamo') contemporaneamente la posizione
> e la velocit� di tale particella.

Ma questo e' solo un aspetto della complessita' di pensiero implicita
nel determinismo. Non e' nulla di evidente a priori che sia possibile
conoscere la posizione di una particella con precizione arbitraria. Come
fai a costruire una squadra? Non appena ne guardi la graduazione vedi
che e' soggetta a limitazioni costruttive materiali. E cosa ne sappiamo di
come si svolgono le cose a scale sempre piu' piccole? Siamo forse capaci
di diventare piccoli quanto vogliamo? Non siamo forse limitati nella nostra
complessita' man mano che diventiamo piu' piccoli?

Andando oltre noi gente comune,
> quando sentiamo parlare di 'indeterminazione', crediamo che si parli
> del fatto che, fondamentalmente, la Natura non segua il principio di
> causa-ed-effetto cos� ovvio ai nostri occhi. E questo ci porta a
> pensare che, in linea di principio, non si potr� mai conoscere con
> precisione arbitraria lo stato di un sistema fisico non per causa
> 'nostra', ovvero a causa della limitatezza intrinseca dei nostri metodi
> di misurazione e/o del nostro intelletto e/o dei nostri mezzi, ma
> proprio a causa del fatto che la Natura, a livello fondamentale, �
> non-deterministica.

Ma no, che significa questa frase? Provando a rispondere un
attimo seriamente ti accorgeresti di dovere ripercorrere tutto un
processo di astrazione estremamente articolato e complesso,
pieno di assunzioni fittizie sulla natura. Non sappiamo quasi nulla
della natura. Noi fingiamo analogicamente una natura che non
esiste, e' questo il senso delle astrazioni.

> Se si riuscisse a spiegare che, invece, quando si parla di
> 'indeterminazione' in realt� si parla di 'incertezza' e che si
> *dovrebbe* parlare di incertezza piuttosto che di indeterminazione,
> allora tutte queste false convinzioni cadrebbero come un castello di
> carte sotto un forte vento.

Io non ho capito quali sono le false convinzioni e con quali altre
le vuoi sostituire.

> Se l'incertezza � causata dalla misurazione stessa allora non ci
> sarebbe alcuna difficolt� ad accettare che, dopotutto, la Natura �, a
> livello fondamentale, deterministica.

E che significa, non ti accorgi che non puoi fare a meno di
una spiegazione che codifica in modo estemamente riduttivo
e preciso le tue parole ed il loro nesso con i fatti possibili?

> Spero di aver capito bene quanto espresso dal Prof. Fabri, in caso
> contrario sono pronto a spalancare gli orecchi (anzi gli occhi) per
> capire meglio.
>
> Buona serata!


Grazie altrettanto.
          

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Received on Mon Jul 04 2005 - 13:52:35 CEST

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