Re: Gli osservatori in meccanica quantistica

From: Gianmarco Bramanti <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Thu, 22 May 2003 18:16:01 GMT

> Non posso credere che un fatto fisico assuma una forma A o una forma B in
> funzione del fatto che qualcuno lo osserva o meno.
> Se ho ben capito quello proposto dalla meccanica quantistica non � il
fatto
> banale che il termometro per misurare la temperatura dell'acqua modifica
la
> temperatura dell'acqua stessa; � un principio ben pi� profondo.
> Mi sembra un'affermazione di ordine metafisico.

E' un'affermazione di ordine metafisico. Ed e' anche un criterio
pratico per mescolare schemi fenomenologici. Ogni schema fenomenologico
muove da assunti di ordine metafisico. Nel senso che lo schema e'
un'elaborazione concettuale, e presuppone una rappresentazione.
Nella meccanica quantistica degli albori lo schema era molto essenziale
e semplificato. Gli oggetti microscopici caratterizzati da una massa,
non potevano essere localizzati senza cambiarne l'impulso. Ovvero,
l'indipendenza di queste due grandezze negli oggetti macroscopici e'
dovuta ad effetti cumulativi. Ma la meccanica quantistica degli albori
aveva problemi (a volte piu' urgenti) oltre a quello di capire come la
materia macroscopica fosse il risultato cumulativo dei comportamenti
microscopici.
C'era da capire i comportamenti microscopici da un lato, e da spiegare gli
esperimenti dall'altro. E magari cercare di capire se l'ipotesi
dell'esistenza
degli atomi, che proveniva dalla chimica, era legittima, e come erano fatti
questi oggetti. Furono escogitati modelli per l'atomo che ipotizzavano un
comportamento ondulatorio della materia (gli elettroni nella fattispecie)
furono
tratte molto presto una varieta' di conseguenze da questa circostanza,
intanto
risultava che gli elettroni stessi si comportavano come particelle ben
definite
dentro le camere a bolle, infine si approdo' ad uno schema che sembrava
spiegare
ragionevolmente il comportamento degli oggetti microscopici, in base ad una
ipotesi, formulata da De Broglie che gli oggetti microscopici fossere
descritti
da onde.

L'atomo era un oggetto che si riusciva ad intravedere, con questo modello di
onde di "materia".

> Mi sembra che basti, a confutarla riflettere sulla definizione di
> osservatore.

A questo punto dell'avventura c'era da capire tutto il mondo
dell'interazione.
Gli effetti di interferenza, l'assorbimento della luce, che cosa combina un
elettrone quando raggiunge uno schermo metallico, cosa quando incontra una
pellicola fotografica o uno schermo chimicamente attivo. Come potevano
spiegarsi
i decadimenti, comincio' un'avventura fenomenologica in cui ogni giorno
venivano
fuori nuovi oggetti microscopici.

Per cominciare i fisici del tempo capirono che quello che andava bene
per dar conto della struttura degli atomi poteva essere generalizzato,
si penso' in un primo momento che tutta la materia microscopica dovesse
esser descritta da onde di qualcosa, ma di cosa? Diamine. Non si capiva
di che. La luce mostrava onde. Gli elettroni mostravano onde, ma onde
di quale mare? L'idea dell'etere era tramontata. Si scelse di non fare
ipotesi. Cominciarono a formalizzare il fatto che nel mondo delle
interazioni microscopiche mancava la ripetibilita' delle misure. Questa
irripetibilita'
poteva essere dovuta a quello che si vuole, alla minuzia di fenomeni
sfuggenti
ad ogni controllo, all'intervento di un deus-ex-machina dispettoso, ma era
un dato
di fatto. Gli avi scelsero di rinunciare, visto che non ci si
raccapezzavano,
ad ogni ipotesi circa l'effettiva origine di questa irripetibilita' e
cominciarono ad accorgersi che nonostante questa irripetibilita', c'era
una regolarita' statistica. I fenomeni di diffrazione ed interferenza
che riguardavano le popolazioni di elettroni erano legati a fenomeni
di propagazione ondosa e le onde avevano lunghezze simili a quelle che
si era supposto caratterizzavano gli elettroni da soli dentro gli atomi.

Un'altra cosa di cui si erano accorti era che era opportuno postulare
che la luce era emessa ed assorbita in modo discontinuo, secondo
"gocce" di energia.

Gli avi fecero allora la scelta metafisica che va sotto il nome di
interpretazione di Copenhaghen. Tutti gli oggetti materiali hanno
comportamento ondulatorio, con lunghezze d'onda legate alla costante
di Planck ed all'impulso, ed alla massa. Gli impulsi sono compresenti
secondo funzioni di probabilita'. Queste onde evolvono come funzioni
che possono essere descritte da leggi di evoluzione ben precise, in
modo deterministico.

L'interazione e la quantizzazione della luce sfuggiva ancora da questo
quadro. Fecero la scelta di rinunciare a capire le leggi dell'interazione,
oltre il livello raggiunto che di tanto in tanto avvenivano degli
assorbimenti
discretizzati e delle emissione, discretizzate, da parte di atomi.
 
Accontentandosi della possibilita' concreta offerta da quello schema
di capire con che probabilita' un elettrone andasse a finire in un punto
piuttosto che in un altro. Sapevano allora che era uno schema provvisorio,
descrittivo, efficace, fondato su una coerenza parziale.

Ma intanto le interazioni fra i campi elettromagnetici e la materia
carica veniva compresa con sempre maggiore capacita' di valutare i
tempi ed i modi caratteristi di scambio dell'energia fra campi e
materia.

> Ci vuole, come osservatore, un essere umano? Basta un essere vivente?
> Il mio cane pu� andare? E un insetto? E un albero? O forse serve quella
> propriet� di tipo
> religioso degli esseri viventi che va sotto il nome di anima, o di
> coscienza, o di capacit� di concepire il concetto di s� stesso?
> Tutto sommato un albero osserva i fotoni che interagiscono con le molecole
> delle proprie foglie.

Anche la lancetta di un orologio misura continuamente tutte le sue parti,
ed e' un oceano di interazioni. Nel frattempo la problematica della
microfisica
si e' evoluta nella direzione di comprendere la struttura delle interazioni,
ed ha fatto passi da gigante. Nel corso del dopoguerra,
la zoologia delle particelle elementari comincia ad essere compresa, passo,
passo, poi con sempre maggior sintesi, fino al modello
a quark. Il campo delle interazioni comincia ad esser completo, ma il
modo in cui sono descritte efficacemente risente della difficolta' di
comprendere il livello macroscopico dal microscopico. Il punto e' che
molto di quello che al nostro livello di osservazione sembra regola
appare come estraneo alla scala microscopica e la presenza di regole e'
spesso dovuta solamente ad effetti di regolarita' statistica.

> E uno strumento di misura sigillato dentro un cassetto, mentre sta
misurando
> qualcosa, � un osservatore? O lo diventa quando apro il cassetto e lo
> guardo?

E' uno strumento di misura e quindi soggetto ad interazioni micro-mega,
che sono quanto basta per potere applicare l'interpretazione di Copenhaghen.
Ma questa, ripeto, non fornisce ancora una descrizione del complesso
micro-mega.
E' una descrizione del quanto spesso una misura da' un certo esito.

Una descrizione del complesso porta con se un trattamento statistico.

Sarebbe bello saperne di piu'. Ha senso ad esempio chiedersi "come" si
arriva ad un certo esito(?) E sono stata avanzate al riguardo moltissime
ipotesi. E come puoi immaginare, molti esperimenti, e sono stati fatti
anche tantissimi conti. Ma ancora non si riesce a risolvere la domanda
fondamentale: il mondo microscopico e' intrinsecamente indeterminato fra
un'interazione e l'altra oppure no. Nonostante non si riesca a risponder
a questa domanda, si riesce a prevedere correttamente moltissime cose.

> Mi sembra che queste domande stiano scivolando nel ridicolo.
> Capisco che un fisico deve avere l'apertura mentale in grado di
considerare
> qualsiasi teoria, ma c'� un limite a tutto.
> Non si pu� chiedere ad un fisico di credere in dio.
> Non vi pare?

No, cioe' si, non si puo' chiedere ad un fisico di credere
in Dio, nemmeno ad altri, pero' ad un fisico nella fattispecie,
nemmeno.

Si puo' chiedere ad un fisico se crede in Dio,
secondo me qualche fisico crede in Dio, qualcuno
lo reputa un indiziato, qualcuno lo reputa innocente,
qualcuno pensa che potrebbe essere un capro espiatorio,
qualcuno pensa che la fisica sia incapace di rispondere
alla domanda e di conseguenza segue il proprio istinto
indipendentemente da Dio per quanto riguarda la fisica,
dalla fisica per quanto riguarda Dio. La dissociazione
e' irriducibile? Io personalmente non ho la minima idea,
io credo che la questione metafisica, che precede la fisica
riguardo all'esistenza di Dio, ed a molte altre questioni,
sia per me un quadro confuso di possibilita'. E Dio a volte
mi ha entusiasmato, come possibilita', dico, come referente,
ma quando devo parlar con qualcuno preferisco che si concretizzi
e l'eventualita' (che non escludo ma di cui non ho certezza) che
questa concretezza sia offerta da Dio non mi priva di uno spirito
ribelle che mi fa pensare che invece sia un trucco.


> Eleonora
> 1� anno di fisica




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