modello di carica di una sfera
Le mie riflessioni partono da un esercizio apparentemente banale in cui mni sono imbattuto.
L'esercizio era il seguente:
Data una sfera di raggio R = 20 cm, inizialemnte recante una carica positiva q1= 2 20 microcoulomb calcola il lavoro L necessario per portare su di essa un'ulteriore carica q2= 30 microcoulomb. (suggerimento : ricorda che il potenziale di una sfera carica è pari a V = kq/R).
Vorrei discutere con voi di due approcci opposti e sulla opportunità dell'uno e dell'altro.
Il mio primo approccio è stato immaginare (forse a sporposito) che entrambe le cariche sia della sfera che quella da aggiungere fossero puntiformi in questo caso il lavoro è pari alla energia potenziale k q1q2/R 'J nel momento in cui la carica si viene a trovare sulla superficie della sfera. La mia idea è stata favorita dal fatto che una sfera si può vedere come una carica puntiforme concentrata nel suo centro e quindi ho fatto l'illazione (forse impropria) che anche la carica che stavamo ponendo fosse una carica puntiforme.
L'altro metodo invece è quello di pensare che la carica che si sta ponendo sulla sfera si porti gradualemente poca alla volta e ricordando che
dL = Vdq = kq1/R dq
in questo caso il processo di carica è un processo di integrazione di dL tra i valori q1 e q1+q2.
Ne esce (k/2R)*(q2^2-q1^2)=47,25J.
Vorrei capire a vostro parere dove sono i limiti del primo modello (si può usare solo se si specifica nel testo che la seconda carica è puntiforme? E quando è plausibile farlo?) e quando il secondo modello si debba considerare adeguato (forse ogni qual volta la carica non è specificata puntiforme?)
Grazie
Roberto
Received on Sun May 12 2019 - 10:24:59 CEST
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