Riflessioni sul riferimento rotante

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_tiscali.it>
Date: Mon, 24 Apr 2023 16:53:29 +0200

Abbiamo discusso molto, ma c'è un aspetto importantissimo che è
rimasto in ombra.
Mi riferisco alla distinzione tra fisica e matematica.
Al contrario, praticamente tutti quelli che sono intervenuti hanno
saltato senza pensarci da un campo all'altro. Qui voglio richiamare la
distinzione, i problemi che pone e mettere in relazione i due aspetti.
A mio parere, tra fisica e matematica del rif. rotante, quest'ultima è
molto più chiara; per cui comincerò da qui.

Imposterei il discorso come segue.
Si parte da uno spazio-tempo definito come una varietà di dim. 4,
pseudo-euclidea con segnatura +---. Il che vul dire che la varietà
ammette un sistema di coordinate (t,x,y,z) in cui la metrica si scrive
dt^2 - dx^2 - dy^2 - dz^2.
Serve essere precisi, quindi indicare anche il *dominio* delle
coordinate: per tutte è l'intera retta reale R.

Una momentanea incursione (provocatoria) nella fisica: questo e
soltanto questo è l'ambiente della relatività ristretta (RR).

Secondo passo: fermo restando lo spazio-tempo, la sua struttura e la
sua metrica, niente ci vieta di usare altre coordinate, se ci tornano
utili.
Il solo requisito è che le nuove cordinate siano in corrispondenza
biunivoca (bigettiva) e bicontinua con quelle iniziali.
Anzi, dato che vogliamo far cose piuttosto sofisticate, restringeremo
la trasf. di coordinate richiedendo che sia un diffeomeorfismo, ossia
differenziabile.
Anzi la semplice differenziabilità potrebbe non bastarci, quindi per
non avere problemi imporremo che sia C^inf, ossia differenziabile a
tutti gli ordini. Questo ci semplifica la vita, perché non avremo
biogno di esplorare ogni volta se le operazioni che facciamo siano
ammissibili.

Il nuovo sistema di coordinate (SC) che useremo sono quelle
cilindriche: (t,r,phi,z) dove non c'è niente da dire su t e z, mentre
x = r cos(psi)
y = r sin(psi).
E il dominio? Ecco un punto che i fisici sono soliti trascurare, dando
per scontato che "in qualche modo le cose si aggiustano".
Il che è vero spesso, ma non è detto che sia vero sempre...
Proviamo con questo dominio:
r >= 0, -pi < psi <= phi.
Penso sia noto che qualche problema c'è già a livello elementare.
Il primo sta in r=0.
Ammettere il valore 0 per r è necessario, altrimenti ci manca un punto
nel piano (x,y) che diventa un piano se ricordiamo che ci sono anche t
e z.
Però includere r=0 fa cadere la biunivocità, perché tutti i valori di
phi rappresentano lo stesso punto.
Facciamo finta di niente e andiamo avanti.
Il secondo problema è dato da psi: nel dominio di psi ho messo un < da
una parte un <= dall'altra: perché?
Per garantire la biunivocità: se avessi scritto due <= mi sarei
trovati dei punti con *due valori della coord. psi: psi=pi e psi=-pi
per uno stesso punto.
Se invece avessi scritto due < avrei avuto un SC che non rappresenta
tutti i punti: sarebbe mancato all'appello tutto il semiasse x
negativo.
Ma anche la mia scelta ha un difetto: è biunivoca ma non è continua.
Passando da sopra a sotto l'asse x negativo la coord. psi fa un salto:
da pi a -pi.
Conclusione: non c'è modo di definire le coord. polari nel piano (e
quindi le coord. cilindriche) in modo che rispettino insieme i due
requisiti di biunivocità e bicontinuità.
Come se ne esce?

La soluzione (da tempo standard in matematica) è quella delle "carte".
Un SC non è necessariamente definito sull'intero spazio. Si possono
(si debbono) ammettere SC formati da un "atlante" di più carte,
proprio come gli atlanti geografici per la Terra.
Si scelgono nello spazio più aperti, la cui unione ricopra lo spazio.
In ciascun aperto viene definito un SC, ossia una mappa C^inf (se
vogliamo questo) verso un aperto di R^2 se stiamo lavorando sul piano
(di R^4 per lo spazio-tempo).
Dato che gli aperti avranno necessariamente delle intersezioni comuni,
dove ci troveremo ad avere due o più diversi SC, dovremo imporre delle
relazioni di raccordo tra un sistema e l'altro, e queste relazioni
dovranno essere C^inf.
(Lascio chi vuole di divertirsi su come fare per le coord. polari nel
piano.)

Mi sono soffermato un po' a lungo su questo problema per due motivi:
- il primo è che nella tradizione dei fisici viene quasi sempre
ignorato
- il secondo è che forse (forse: vedremo) avremo bisogno di tornarci
su per il rif. rotante.

Il nostro obiettivo temporaneo è arrivare alle coord. di Langevin, ma
per questo è necessaria una premessa.
Esiste un'altra infelice tradizione (anche tra i matematici):
identificare i due concetti di SC e di "sistema di riferimento".
Viceversa io ritengo che si debbano tenere distinti: il primo è il
concetto matematico che abbiamo già esaminato; il secondo è un
*concetto fisico*, di cui riparleremo.
Per ora basti tener fermo che stabilire qualcosa in ambito matematico
non implica un'immediata traduzione in ambito fisico: questa può essere
ovvia, a volte possibile ma delicata, altre volte impossibile.
Nel nostro caso siamo tra la seconda e la terza alternativa: vedremo.
Comunque l'introduzione delle coord. di Langevin non può essere presa
come *automatica* definizione di un sistema di rif. rotante *in senso
fisico*.

Non è forse male accennare che per es. la posizione di Landau (nel
volume di Teoria Classica dei Campi) è del tutto diversa: considera
una definizione matematica (vedremo) come esaustiva anche dell'aspetto
fisico; non solo per il caso presente, ma anche per la RG (a scanso di
equivoci, ricordo che noi ci stiamo nuovendo sempre nella RR

Tornando alla matematica, le coord. di Langevin hanno una definizione
semplicissima (almeno in apparenza): si parte dalle coord. cilindriche
(t,t,psi,z) e si trasforma la sola psi:
psi = phi + omega t
(in seguito per brevità invece di omega scriverò w).

È immediato ricavare la metrica, sostituendo dphi + w dt al posto di
dpsi (ed è chiaro che la trasf. è C^inf):

(1 - w^2 r^2) dt^2 - 2 w r^2 dt dphi - dr^2 - r^2 dphi^2 - dz^2. (1)

Questa è appunto la "metrica di Langevin").

Nota: L'uso del termine "metrica" qui è improprio. Quello che cambia
nei tre SC finora apparsi non è la metrica, ossia la distanza
invariante tra due eventi infinitamente vicini, ma solo la sua
espressione per mezzo di cordinate.
È bene essere chiari, e faccio un diverso esempio.

Abbiamo il piano euclideo e un SC cartesiano ortogonale isometrico
(x,y). Sappiamo che la distanza tra due punti (la metrica) in queste
coord. si scrive
dx^2 + dy^2.
Ora passiamo a coord. (xi,eta) con la legge di trasf.
x = xi + eta
y = 3 eta
(entrambi i SC hanno dominio R^2).
È facile verificare che la trasf. è bigettiva e bicontinua.
L'espressione della metrica diventa
dxi^2 + 2 dxi deta + 10 deta^2.
Questa non è una nuova metrica (che vorrebbe dire una ridefinizione
di distanza tra due punti) ma solo una diversa espressione della
metrica in nuove coordinate.
Ciò detto, l'abuso linguistico è così comune e diffuso, che
sicuramente ci cadrò anch'io...

Torniamo a esaminare la (1). La precisazione terminologica era
necessaria perché chiarisce che aver cambiato coordinate non cambia in
alcun modo la natura geometrica dello spazio-tempo. Abbiamo solo
etichettato diversamente i punti (eventi).
Lo *stesso* evento si è visto attribuire tre etichette (formate
ciascuna di 4 numeri):
(t,x,y,z)
(t,r,psi,z)
(t,r,phi,z).
È cambiata nei tre casi l'espressione della metrica, ma lo
spazio-tempo è rimasto lo stesso: per es. in tutti i casi calcolando
la distanza tra due punti infinitamente vicini si trova lo stesso
risultato (usando per i due punti i corrisp. valori delle coord. nei
tre sistemi).
Questo si esprime in una parola dicendo che la distanza è
"invariante": la formula cambia, ma il numero torna sempre quello.

Nota: Altro abuso linguistico, che faccio io per pigrizia. Ho usato il
termine "distanza", che è sbagliato per due motivi.
Intanto sarebbe se mai il quadrato della distanza.
Poi (ed è molto più importante) non si tratta di una vera distanza,
visto che l'espressione (la "metrica") è "indefinita", ossia a seconda
di come sono disposti i due punti può assumere valori dei due segni o
anche risultare nulla.
Fatto ben noto in relatività (non solo ristretta): la separazione tra
due eventi può essere di tipo tempo, di tipo spazio, o di tipo luce
(si dice anche nulla, ma preferisco evitarlo perchè può far credere
che gli eventi coincidano.)
Mentre in uno spazio euclideo o riemanniano in senso proprio la
distanza tra due punti si annulla se e solo se i due punti coincidono.

Torniamo ancora a Langevin.
Resta da chiarire un punto (si sarà notato).
Non ho discusso se le coord. di Langevin sono ammissibili, e se sì, in
quale dominio.
La continuità l'abbbiamo già vista, ma che dire della bigettività?
Dovremo anche qui definire delle carte?
Per caso basterà usare quelle (trasformate) delle coord. cilindriche?

Qui debbo confessare una cosa.
Sarà certamente difetto mio, perché ho letto solo una piccolissima
parte degli innumerevoli articoli dedicati al rif. rotante, in più di
un secolo.
Ma sta di fatto che non conosco la risposta a queste domande; non mi è
mai capitato di vederle neppure enunciate..

Ora mi fermo qui. Lascio a chi vuole di digerire il malloppo.
Vedremo poi di capirci qualcosa.
-- 
Elio Fabri
Received on Mon Apr 24 2023 - 16:53:29 CEST

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